L’interpretazione di Allegrini
Il grande rosso veronese nasce nella primavera del 1936 nella Cantina Sociale Valpolicella, per opera di Adelino Lucchese, il quale, grazie a un palato e a un fiuto eccezionali, scovò una botte di Recioto dimenticata.”Questo non è un Amaro, è un Amarone”: la sua esclamazione colma di entusiasmo diede inizio al percorso di un gigante fra i vini italiani.Cosa era successo in realtà? Il Recioto contenuto all’interno della botte giaceva lì dimenticato ormai da tempo; esso continuò a fermentare fino a diventare secco e a trasformare tutti gli zuccheri in alcol, finendo così per essere privato della sua dolcezza. Marilisa e Franco Allegrini ci propongono un’eccellente versione del protagonista della nostra storia. La loro azienda nasce grazie a un uomo, che vide i suoi vini superare i limiti del luogo, dei metodi e del presente, vide la sua Valpolicella diventare culla di grandi rossi, moderni figli di tempi antichi. Se oggi ci è concesso di vivere realmente questo sogno, lo dobbiamo a quell’uomo: Giovanni Allegrini.
“Val polis cellae” significa “la valle delle molte cantine” ed è questo il concetto che sta alla base del territorio della Valpolicella. Parliamo di Veneto Occidentale, di quella zona racchiusa tra Verona e il Lago di Garda e delimitata a nord dai Monti Lessini. Tra i suoi cinque comuni principali, Allegrini chiama in causa Fumane: qui il terreno è prevalentemente calcareo, risalente al Giurassico e al Cretaceo, il clima è tendenzialmente mite e le vallate sono solcate da progni, piccoli corsi d’acqua a carattere torrentizio. Il segreto dell’Amarone sta nel cosiddetto “letargo attivo”, periodo nel quale selezionate uve di Corvina, Rondinella e Oseleta sono riposte in cassette e lasciate appassire per un periodo di tempo che va dai 100 ai 120 giorni. Tale procedimento è ovviamente seguito anche dalla famiglia Allegrini, che riesce a definire per il proprio prodotto uno stile unico che valorizza l’integrità del frutto. Il rosso impenetrabile sprigiona sensazioni iodate, arricchite da accenni di terra bagnata, noce moscata e tabacco. Il bouquet estremamente caldo si rivela altrettanto acceso anche all’assaggio, in cui il tannino è setoso e riesce così a gestire il contenuto alcolico. Chiude con una scia mentolata rinfrescante.
E se quella botte non fosse mai stata ritrovata?
Serena Zerilli