Il futuro della Calabria attraverso il rilancio del Gammune

Il futuro della Calabria passa attraverso il recupero della tradizione a filiera corta

Tradizione, recupero del passato, attenzione per il territorio con un occhio rivolto al futuro. Il valore aggiunto che può risollevare le sorti di una regione, quella calabra, che gode di molte risorse ma per problemi di altra natura – non certo per mancanza di impegno e capacità dei suoi abitanti –. Occorre però passare attraverso la piccola filiera produttiva del prodotto locale per poterne controllare tutte le fasi produttive e distributive e solo dopo immettersi su altri mercati.

Ne sono convinti tre piccoli produttori di salumi del Cosentino che nel 2012 si sono associati tra loro per lanciare un prodotto che, diversamente, si sarebbe per sempre perso: il gammune di Belmonte.

Una politica fatta di sacrifici e piccole iniziative tra loro connesse, quella scelta dagli imprenditori, che ha consentito di recuperare la tradizionale produzione di questo insaccato e rilanciarlo sul mercato estero, tanto da divenire uno dei prodotti più apprezzati dell’ultima edizione del Salone internazionale del gusto e Terra madre andato in scena nel centro fiere di Torino nel 2012.

Tutto è nato dall’unione tra Silvio Greco – oceanografo di origini calabrese e responsabile ambiente di Slow Food Italia – e Mario Arlia, imprenditore illuminato belmontese, sostenuto nella sua “avventura imprenditoriale” (è l caso di dire) da un gruppo di giovani volenterosi che hanno dato il loro contributo mettendosi a disossare e a massaggiare cosce del maiale certificato dal neonato Consorzio di Tutela del Maiale Nero di Calabria, a cui va inoltre il merito della rinascita dei piccoli allevatori del cosentino.

Mario Arlia al presidio dello Slow Food - Photocredit : www.localgenius.eu
Mario Arlia al presidio dello Slow Food – Photocredit : www.localgenius.eu

Non si sa se il Gammune trovi la sua origine etimologica nella parola spagnola jamon o nel dialetto calabrese (gamba si dice “gamma” da cui gammune) ma sta di fatto che questo salume è un prodotto veramente straordinario.

Ma quali sono le origini del gammune? E’ salume che la gente di Belmonte, paesino in provincia di Cosenza, produce fin dal 1800. Ottenuto dalle cosce scelte di maiali neri (molto diffusi nella regione fino a qualche decennio fa). Ogni famiglia allevava maiali per assicurarsi la riserva di carne per l’inverno, pratica ancora diffusa in larga parte della Calabria. Le carni, dopo averle attentamente disossate facendo attenzione che non vengano intaccate, vengono massaggiate con la crema di peperoni rossi molto usata nelle case calabresi. A questo punto si arrotolano insaccandole nella vescica del suino o nelle pleure distaccate dal grasso. Il prodotto lo si lascia a stagionare per 16 mesi in luoghi freschi e ben asciutti come le cantine e i bassi delle case. Ecco che si aggiunge l’ingrediente unico che lo contraddistingue e lo rende unico rispetto ai salumi simili nella norcineria italica: il clima e la brezza marina del Tirreno cosentino che insistono su questa zona. Belmonte è un paesino della costa calabrese e il gammune si può definire a tutti gli effetti ambasciatore della cucina tradizionale calabrese.

Photocredit : http://www.fondazioneslowfood.it
Photocredit : www.fondazioneslowfood.it

Alcuni esperti dell’enogastronomia di qualità hanno definito il gammune “culatello del Sud” e ne hanno previsto i riscontri in termine di produzione: esso potrebbe trasformarsi nel futuro della regione Calabria, rilanciando l’intera filiera produttiva del suino nero non solo nel Sud Italia ma in tutto il mondo! Così come è successo in Spagna con la produzione joselito un prosciutto ha invertito le sorti di una delle zone più povere della nazione.

Da una dichiarazione di Silvio Greco, coordinatore area ambiente di “Slow Food Italia”, trapela tutta la potenzialità di questa iniziativa di promozione: Sono occasioni come queste – sostiene l’esponente nazionale di Slow food Italy – che vanno colte appieno per creare le condizioni di vero sviluppo del territorio. Il recupero di una tradizione come quella della produzione del “gammune” ha ricadute anche turistiche. Noi come  Fondazione promuoviamo a livello internazionale le località che sono sede di presidi enogastronomici e, dove queste iniziative sono state adeguatamente supportate hanno prodotto benefici notevoli per l’intera economia locale

Mariangela Martellotta

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