La tradizione secondo Fèlsina

Terra, vigna, vino e olio dell’azienda di Castelnuovo Berardenga.

La terra è quella del margine sudorientale della zona di produzione del Chianti Classico, dove, come ci dice Giuseppe Mazzocolin, “lo sguardo può correre liberamente tra le colline fino al monte Amiata, imponente e maestoso sopra l’orizzonte, e spaziare in direzione di Montalcino e della Maremma, fino al mare”.

Domenico Poggiali acquistò l’azienda nel 1966 e, resosi immediatamente conto del potenziale di questo territorio, trasformò gli ettari a vite da meno di dieci a più di quaranta.

Il vitigno d’elezione a Fèlsina è il Sangiovese, che dal 1983, per opera dell’enologo Franco Bernabei, viene lavorato in nome della salvaguardia e della valorizzazione. Annata importante, quella del 1983, anche perché segna la nascita di Fontalloro e Rancia, entrambi da uve Sangiovese 100%. I vigneti del primo si trovano all’interno del Chianti Classico e nella denominazione del Chianti Colli Senesi, sono interamente esposti a sud e presentano tipologie di terreno differenti: calcareo e roccioso quello della parte alta di Fèlsina, sabbioso – limoso e ricco di ciottoli e sedimenti marini quello sul confine con le Crete Senesi.

Il Fontalloro ci colpisce, innanzitutto, per il colore deciso e di buona intensità. Il naso rimanda a sentori di humus, piccoli frutti scuri, come mora e ribes nero, e a una speziatura accattivante di cuoio e tabacco con qualche accenno di liquirizia. Al palato ci stupisce per il carattere incredibilmente equilibrato, i tannini morbidi e il gusto tra sapido e fumé. Matura 18/22 mesi in botti di rovere da 225 lt. Di primo e secondo passaggio.

Il vigneto del Chianti Classico Riserva Rancia prende il nome da un antico podere in corrispondenza di un preesistente monastero benedettino. Ci troviamo a un’altitudine compresa fra i 400 e i 420 metri sul livello del mare e il terreno, prevalentemente di origine calcarea, è caratterizzato da alberese e galestro.

Rubino estremamente luminoso, il Rancia presenta un’olfattiva dai profumi intensi e complessi: si parte da qualche tocco floreale, sensazioni ferrose, tabacco biondo, per poi chiudere con note tostate e di spezie, che ritornano in bocca in un assaggio corposo e vibrante.

“Appena si mette piede in questa campagna”, prosegue Mazzocolin, “si avverte la responsabilità morale verso il territorio”. Ecco, quindi, che la scelta, non solamente ideologica, di vinificare il Sangiovese in purezza intende valorizzare ancor più il connubio vitigno – terra, elemento imprescindibile della tradizione di Fèlsina.

Serena Zerilli

La tradizione secondo Fèlsina

Cucine d'Italia consiglia