Romanesco, la kermesse del Made in Rome per una cucina che parla romano

Forte del brillante successo della prima edizione, Romanesco, anche quest’anno, è riuscito a portare  in tavola il meglio della cultura enogastronomica della Città Eterna. Perché ad essere eterno non è soltanto l’unicum del suo patrimonio storico-artistico, ma anche quell’affascinante cucina che affonda le proprie radici in epoche antichissime. Una commistione di sapori e culture che, resistendo alle sfide imposte dal corso dei secoli, è giunta sino ai nostri giorni in una “veste” quasi immutata. O, almeno, giustamente contaminata dalle vicissitudini storiche e dalle importanti innovazioni nelle tecniche di cucina e degli stili di vita.

Da qui, il lodevole scopo dell’iniziativa promossa dalla Camera di Commercio di Roma, con il contributo dell’Azienda Romana Mercati (ARM), delle Associazioni di categoria e dei Consorzi di Tutela: valorizzare e riscoprire i prodotti tipici della Provincia di Roma, attraverso una serie di cene organizzate presso i 20 locali aderenti. Un format capace di sintetizzare convivialità, qualità, tradizione e innovazione grazie ad una variegata “anima” dei ristoratori partecipanti: puristi, emergenti, innovatori o interpreti della più classica “cucina romana” hanno proposto un menu “romanesco” incentrato sul proprio piatto bandiera.

E non solo. In un viaggio quasi ideale, senza tempo, si recupera l’essenza dell’arte culinaria di un popolo che ha conquistato il mondo. Seguendo allora l’itinerario segnato da queste “tappe” del gusto, si ritrovano antichi saperi, si riscoprono le tipicità dei numerosi quartieri della capitale, spesso ignorate o poco note. Ed infatti, strettamente collegata a Romanesco, l’iniziativa della CCIAA “Roma in Tavola” ha coinvolto un circuito di enogastronomie devote al culto della qualità e della riscoperta delle tipicità locali, dove poter trovare un ampio paniere di prodotti della campagna romana. Un potenziale economico, quest’ultimo, ancora non pienamente espresso, se si pensa che le eccellenze della Provincia di Roma rappresentano un terzo dei circa 400 prodotti tradizionali della Regione. Emblemi – più che “semplici” cibi – di conoscenze tramandate di generazione in generazione, di quelle tecniche di lavorazione consolidatesi nel tempo al punto da giustificare il riconoscimento di DOP e IGP o, comunque, l’avvio dell’iter necessario all’ottenimento degli stessi marchi.

A confermare l’impegno di promozione enogastronomica della CCIAA e dell’Azienda Romana Mercati, la decisione di fare di cinque “esponenti” dell’agroalimentare romano – Abbacchio Romano IGP, Pecorino Romano DOP, Ricotta Romana DOP, Olive da mensa e Olio Extravergine della Sabina DOP – i protagonisti dei piatti bandiera del menu e dei negozi di “Roma in Tavola”. Sapientemente lavorati dagli chef aderenti, gli ingredienti diventano il simbolo del Made in Rome, di una tipicità che, pur partendo da una medesima base, acquisisce le più diverse sfumature; dai piatti quasi “border line” a preparazioni “veraci”, il filo conduttore resta la “corrispondenza d’amorosi sensi” con l’urbe.

Venti cene per poter arricchire il proprio bagaglio culturale, tra le quali scegliere la (o le) preferite in base alla propria indole e gusto. Così, ai seguaci della cucina di ricerca, Angelo Troiani ha proposto un’equilibrata e concettuale rilettura della pizza con i fichi: al “Convivio”, infatti, l’evergreen dello street food acquisisce una nuance di eleganza nell’accostamento tra un prosciutto di palamito (precedentemente lavorato in salamoia) e la dolcezza dei fichi di stagione, con un’interessante nota croccante regalata da quadratini di pizza adagiati sul fondo. Oppure, il suo piatto bandiera: l’Amareticiana che, quasi in un odi et amo con la cucina di terra e mare, fonde magistralmente il carattere deciso della salsa di pomodoro “stile amatriciana” con la nota più intrigante e raffinata degli occhi di canna.

Per i talebani della cucina “schietta”, numerose le osterie coinvolte, da “Checco er Carrettiere” al “Pollarolo”, dalla trattoria “Da Cesare” a “Rossovino” da Maurizio. Osti custodi che hanno proposto il classico del repertorio romano, con una particolare selezione di prodotti locali.

Chi invece riunisce in sé l’animo immancabilmente romano e un approccio alla tavola da gourmand, non poteva mancare l’appuntamento con “Atlas Coelestis”, un micro-birrificio che fa della cucina un vero e proprio asso nella manica. Perfetta rivisitazione dell’arcinoto agnello, l’abbacchio brodettato è una chiara e perfetta rilettura della tradizione, nella quale la tecnica si fonde con la passione per regalare al palato piacevoli suggestioni. Lo chef patron Cristiano Iacobelli ha stuzzicato il gusto dei propri ospiti con un menu fortemente incentrato sul territorio, ove affondano le proprie radici le ricette proposte per l’occasione e le materie prime utilizzate, all’apice della qualità, come sempre accade nel suo locale.

Che si tratti di cucina rivisitata o di una cucina “senza fronzoli”, il grande successo di Romanesco sta nell’aver avvicinato neofiti ed appassionati alla storia e alla cultura che le eccellenze della capitale raccontano.

Manuela Mancino

 

Photo credit Le Franc buveur

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