Beteavon: tradizione e storia della cucina giudaico-romanesca

Spaghetti cacio e pepe, pollo con peperoni alla romana, carciofi alla giudia, filetti di baccalà fritti e la concia, sono solo alcuni tra i numerosi piatti che si presentano invitanti sui menù dei ristoranti kasher. Una tradizione regionale, quella giudaico-romanesca, lunga secoli che unisce storia e ritualità con un ponte temporale magistralmente raccontato dal Rabbino Riccardo Di Segni nel suo libro Beteavon.

cucina giudaico-romanesca

Un testo dalle molteplici vesti che narra la storia dell’incontro tra una cucina regionale e un dovere religioso, ma anche un ricettario pratico che diviene ancora guida itinerante nei luoghi e nella spiritualità della cucina kasher. Un libro definito piuttosto un ipertesto, da sfogliare, consultare e utilizzare in tutta la sua poliedricità rilegato da un filo comune che è l’amore per il cibo.

Cucine d’Italia ha intervistato l’autore, il Rabbino Riccardo Di Segni, che ha raccontato l’anima di questo libro sospeso tra storia, tradizione e modernità.  

Come nasce l’idea di questo libro?

Dalla volontà di unire aspetti rituali della cucina ebraica ad aspetti prettamente culinari. Beteavon è l’unione di due libri, il mio “classico” sulla guida alle regole alimentari ebraiche uscito già in tre edizioni e uno sulle ricette della tradizione giudaico-romanesca.

Nasce anche dal fatto che questo sembrava un argomento di nicchia, per esperti, mentre in realtà desta enorme curiosità nel pubblico, sia su un piano culturale per capire le regole alimentari ebraiche, che per gli ebrei osservanti sono un dovere religioso, e sia perché la nostra tradizione culinaria “etnica” desta molta attenzione e curiosità.

Il libro è corredato anche di capitoli dedicati ai ristoranti kasher e ai negozi autorizzati per la vendita di alimenti certificati, con relativi indirizzi. Questo denota la volontà di conferirgli anche un aspetto pratico?

Assolutamente si. Nel libro io mi rivolgo prettamente a ciò che offre la città di Roma ma ogni regione ha la sua cultura. Questo dipende dal fatto che sullo sfondo di una tradizione religiosa è possibile costruire infinite varianti e soluzioni. Perché c’è la tradizione ebraica-romanesca ma ci sono tantissime altre tradizioni in altre parti del mondo, da una base comune rituale si possono sviluppare molteplici ricette.

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A chi è rivolta la lettura di questo libro?

A tutte le persone un po’ golose. Ci sono diversi tipi di pubblico, quello strettamente interessato all’aspetto religioso e quello più goloso interessato a come si cucina lo stracotto.

Qual è il suo piatto preferito della cucina giudaico-romanesca?

Lo stracotto.

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Chi sono i clienti tipici dei ristoranti kasher?

I clienti sono di vario tipo, turisti internazionali che hanno bisogno di mangiare secondo le regole alimentari ebraiche, turisti italiani e i romani incuriositi.

Ha dato più la cucina giudaico a quella romanesca o viceversa?

Sono interscambi continui.

Come viene affrontato nel libro l’argomento delle regole alimentari e relative spiegazioni?

Ciò che ha caratterizzato il mio libro sin dall’inizio è stato questo voler esporre l’insieme delle regole alimentari con le relative spiegazioni, una serie di delucidazioni, tra cui anche quella riguardante l’aspetto sanitario che rimane una delle possibili interpretazioni tra molte altre. Quindi vi è una parte esplicativa e una puramente normativa.

Nel testo si evince uno stretto rapporto tra le regole alimentari e l’elevazione spirituale. Come avviene questo passaggio?

Nella religione ebraica rispettare un determinato comportamento è la chiave per l’elevazione spirituale. Non esiste la teoria dell’elevazione spirituale, ci sono le norme da seguire che possono investire i rapporti sociali, l’alimentazione o la sessualità.

Nella frenesia con cui si consuma un pasto oggi. Come si può riuscire a rispettare tutte le regole alimentari, che necessitano di più tempo a disposizione?

La frenesia è un nemico da combattere.

Le nuove generazioni, quelle che forse hanno meno tempo da dedicare ai fornelli, riescono a far coesistere il rispetto per le regole alimentari con un moderno stile di vita?

La fretta ce l’hanno tutti sia i giovani che i vecchi, ma se una persona le vuole rispettare riesce a farlo. Naturalmente spesso è complicato ma tutta la vita religiosa ebraica è complicata.

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Che rapporto c’è tra l’osservanza religiosa e le nuove generazioni?

Di grande interesse.

Un ebreo osservante quando è in viaggio come può mangiare nei ristoranti comuni e avere la garanzia di non infrangere qualche regola alimentare?

Se è un vero osservante non entra in un comune ristorante, altrimenti si deve mettere d’accordo con il cuoco per quello che può mangiare. Comunque esiste una catena di ristoranti kasher molto diffusa, ci sono alimenti non certificati che comunque possono essere consumati e consentono la sopravvivenza.

Quale rapporto trova tra la cucina ebraica e il messaggio di expo 2015?

Esclusivamente il fatto che entrambi parlano di mangiare. Uno dei paradossi di Expo 2015 è stato la volontà di celebrare tutti i ristoranti ma non ne hanno voluto fare uno kasher, questo la dice lunga.

È stato proposto?

Si, ma c’era l’obbligo organizzativo di tenerlo aperto anche il sabato e questo non lo potevamo garantire, tra le varie dichiarazioni rilasciate questa è stata un chiaro segno di una gestione un po’ autoritaria del problema.

Perché un melograno in copertina?

Il melograno è una delle sette specie vegetali che la Bibbia cita come prodotti tipici della terra d’Israele. Poi ci sono tanti significati simbolici.

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Perché i lettori dovrebbero comprare questo libro?

Perché c’è una golosità culturale che va apprezzata, benvengano i golosi.

Susanna Novella

 

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