Bistrot64: cosa accade quando la cucina si fa interprete del dialogo Roma-Giappone

Italia, Asia e tanta fantasia. Sono questi gli ingredienti della riuscita contaminazione nippo-romana del civico 64 di via Calderini, locale che cerca nella sua veste di “bistrò” di portare in tavola una cucina diversa. Non solo qualità delle materie prime, ma anche quel q.b. di creatività che serve a stuzzicare il palato senza stancare.

Kotaro Noda, alla guida del ristorante dallo scorso mese di marzo, è noto per tecnica e rigore in cucina, per quel giusto mix che il cliente attento ritrova tanto nelle preparazioni quanto nelle presentazioni. Patria dell’ikebana e del piacere nelle sue differenti declinazioni, il Giappone mette il proprio autografo di eleganza e stile all’indiscussa professionalità di Emanuele Cozzo. Questi, già chef del locale e ora direttore, ha trovato in Kotaro il partner ideale per elaborare menu a metà strada tra il mediterraneo e l’asiatico, nei quali le materie prime del territorio romano acquisiscono “cittadinanza” giapponese nelle mani di Noda.

La particolare attenzione ad un equo rapporto qualità/prezzo rende forse più gradita la già piacevole offerta gastronomica e pone le basi per fare del locale un sicuro approdo per i gourmand della capitale in preda alla tempesta di nuove aperture, cessioni di attività e formule alternative.

Due curricula dai quali trasudano passione, amore per il proprio lavoro e desiderio di innovare non potevano non incontrarsi in questo felice angolo della città eterna. E così, Kotaro Noda, dopo le esperienze presso l’Enoteca La Torre (1 stella michelin), il Magnolia in via Veneto (2 forchette del Gambero Rosso) e altre significative collaborazioni (Marchesi, Heinz Beck e Enoteca Pinchiorri), ha deciso di mixare sinergicamente la sua indole riservata ed il suo interesse per la gastronomia del Bel Paese con il savoir-faire ed il temperamento italian style di Emanuele.

Ed i primi risultati sembrano dar ragione alla caparbietà dei soci protagonisti, con una ben riuscita formula di contaminazione, grazie alla quale ci si muove nella penombra di quanto oggi viene impropriamente definita “cucina fusion”. A dir poco originali, infatti, gli spaghetti di patate al burro e alici, preparazione in cui si coglie la rinomata maestria giapponese nel conferire una duplice consistenza al tubero (fritto e bollito a mo’ di pasta) e che rimanda chiaramente al piatto dell’antica tradizione romana. Più in zona cesarini, invece, la tagliata di presa iberica marinata al koji (pasta a base di riso maltato fermentato con acqua e sale) con cocomero e cresta di gallo, testimonianza e conferma dell’arte – tutta orientale – di lavorazione delle carni.

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Tagliata di presa iberica

Altre intriganti proposte camminano sempre in equilibrio lungo il file-rouge della filosofia cui il ristorante è ispirato; tra queste, figurano la tartare di ricciola cetriolo e crema di fagioli borlotti, cous cous alle vongole, funghi e verbena, trancio di sugarello con quinoa, salicornia e olio di ostriche, baccalà in tempura ed una golosa selezione di dolci.

La carta è capace di soddisfare anche lo spirito dei gastro-nauti meno avventurieri, i quali trovano nel trittico dei must romani – cacio e pepe, carbonara, amatriciana – un rassicurante compagno delle proprie esperienze gastronomiche.

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Spaghetti di patate al burro e alici

Una pausa gourmet in cui si fondono qualità, tradizione e creatività si trasforma allora in un piacevole viaggio in un altro continente…così lontano eppure così vicino.

Photo credits

Manuela Mancino

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