Il suo nome deriva dal celtico “Bitu”, cioè perenne, così chiamato perché la lavorazione del latte consente di realizzare un formaggio che dura a lungo, perfetto da impiegare come scorta alimentare, la cui eccellenza resta intatta anche dopo diversi anni: dalle montagne della Valtellina nasce il Bitto Dop, il re dei formaggi d’alpeggio.
![Formaggio Bitto Dop](https://cucineditalia.com/wp-content/uploads/2017/08/bitto-2.jpg)
Prodotto nell’intero territorio della provincia di Sondrio e nei territori limitrofi di alcuni comuni delle province di Bergamo e Lecco, si narra che il Bitto sia nato ad opera delle popolazioni celtiche, costrette dai Romani ad abbandonare la Pianura Padana e a rifugiarsi tra le alpi della Valtellina, area particolarmente fertile e votata naturalmente al pascolo. Di origine celtica, infatti, è anche il nome sinonimo di perenne, qualità che ha consentito al Bitto di essere prodotto per secoli, grazie a una tradizione consolidata portata avanti dai maestri casari e tramandata di padre in figlio.
![Formaggio Bitto Dop](https://cucineditalia.com/wp-content/uploads/2017/08/bitto-1.jpg)
Formaggio d’alpeggio a pasta semidura di media o lunga stagionatura, prodotto esclusivamente durante i mesi estivi tra il 1 giugno e il 30 settembre, il Bitto è realizzato secondo la stessa tecnica da secoli, un metodo raffinato di lavorazione del latte che consente al formaggio di conservarsi perfettamente anche oltre i 10 anni. Per questa particolarità, il”‘perenne” Bitto è un formaggio unico al mondo, considerato il re degli alpeggi, tanto da meritare sin dal 1800 una mostra annuale completamente dedicata di scena a Morbegno, in provincia di Sondrio.
![Formaggio Bitto Dop](https://cucineditalia.com/wp-content/uploads/2017/08/bitto-4.jpg)
Prodotto con latte vaccino intero proveniente da pregiate razze bovine originarie della zona di produzione e alimentate con erba di pascolo, il formaggio può presentare aggiunta di latte caprino crudo in misura non superiore al 10%. Il latte crudo, entro massimo un’ora dalla mungitura, è inserito nelle tradizionali caldaie in rame a forma di campana rovesciata e riscaldato tramite fuoco a legna. La coagulazione, presamica, è ottenuta con l’aggiunta di caglio di vitello; la cagliata subisce poi una rottura delle dimensioni di un chicco di riso e successivamente cotta tra i 48 e i 52° per circa 30 minuti. La pasta così ottenuta viene quindi adagiata nelle fascere in legno o in plastica a scalzo concavo. La salatura avviene a secco o in salamoia, mentre la maturazione va da un minimo di 70 giorni a diversi anni, all’interno delle casere, tipici locali da stagionatura a fondovalle, alla temperatura di circa 12-16°C e umidità relativa intorno all’80-90%. In questa fase, il casaro rivolta e pulisce con accuratezza ogni giorno le forme, per mantenerne l’integrità e assicurarne una perfetta maturazione.
![Formaggio Bitto Dop](https://cucineditalia.com/wp-content/uploads/2017/08/bitto-6.jpg)
Di forma cilindrica, il Bitto presenta una crosta giallo paglierino, morbida nelle forme giovani, più dura in quelle invecchiate. La pasta compatta, untuosa, elastica nella media stagionatura e dura nella lunga, è di colore paglierino o paglierino carico, con occhiatura rada a occhio di pernice.
![Formaggio Bitto Dop](https://cucineditalia.com/wp-content/uploads/2017/08/bitto-3.jpg)
Ottimo da consumare in purezza, se fresco è gustoso se accompagnato da aceto balsamico o miele di corbezzolo, ma rappresenta una materia prima eccellente se impiegato come ingrediente per la polenta taragna, primi piatti, risotti e fonduta. Le forme stagionate sono perfette come formaggio da grattugia. Predilige vini rossi corposi come il Valtellina Superiore DOP, l’Inferno e il Sassella.