Castelmagno Dop: pregiato erborinato del Piemonte

Lungo le lussureggianti pianure della Valle Grana, dolce terra piemontese naturalmente votata alla coltivazione, attraversata da strette gole percorse da torrenti e maestose praterie rigogliose di pascoli profumati di erbe aromatiche, nasce un formaggio rinomato in tutto il mondo: il Castelmagno Dop.

Castelmagno Dop

Distinto in due qualità, d’Alpeggio e di montagna, il Castelmagno è noto per la sua erborinatura, tecnica di lavorazione casearia che consiste nello sviluppo di muffe nella pasta del formaggio, in modo da renderla screziata di venature blu o verdi.

Castelmagno Dop

Prodotto soltanto in tre comuni della provincia di Cuneo, Castelmagno, Pradleves e Monterosso Grana con latte vaccino appartenente alle razze tipiche dell’arco alpino quali la Piemontese, la Bruna Alpina e le Pezzate Rosse, l’origine del Castelmagno è moto antica: le prime tracce della sua presenza risalgono al 1277, in un documento in cui si imponeva al comune di Castelmagno il pagamento di un canone annuale al marchese di Saluzzo, da effettuarsi in forme di formaggio. Ma secondo numerose leggende il Castelmagno avrebbe origini ancora più antiche: una di queste narra che fosse particolarmente apprezzato da Carlo Magno. Dopo un periodo di declino dovuto alle due guerre mondiali, il Castelmagno conobbe una rinascita negli anni Ottanta, fino all’ottenimento della Dop nel 1996.

Castelmagno Dop

Formaggio semigrasso o grasso, a pasta semidura, di breve o media stagionatura, si presenta di forma cilindrica con facce piane del diametro di 15-25 cm, di un peso che varia dai 2 ai 7 chili. La crosta, liscia e di colore rossastro nelle forme giovani, diventa rugosa e color paglierino carico, ammuffito, tendente al marrone nelle forme stagionate. La pasta è friabile, di colore bianco avorio all’inizio della stagionatura, si presenta gialla con venature blu-verdi, dovute allo sviluppo delle muffe, nelle varianti stagionate.

Castelmagno Dop

Durante la lavorazione, il latte crudo di massimo quattro munte consecutive, con l’eventuale aggiunta del 5-20% di latte di pecora e capra, viene coagulato con caglio di vitello. La cagliata, presamica, subisce una rottura alle dimensioni di un chicco di mais, agitata in caldaia e successivamente estratta e posta su un telo, che prende il nome di ‘risola’, dove resta per circa 18 ore. Il telo viene appeso o adagiato su un piano inclinato per favorire il processo di spurgo. In seguito la pasta viene riposta in contenitori appositi, immersa nel siero della lavorazione precedente per un periodo che varia da 2 a 4 giorni. Infine viene rotta a cubetti, finemente tritata, salata e posta nuovamente in contenitori, dove subisce la pressatura. La maturazione, equivalente a un periodo non inferiore ai 60 giorni, avviene in luoghi naturali e asciutti, preferibilmente grotte di tufo, tipiche dei luoghi, su particolari assi di legno di larice.

Castelmagno Dop

Formaggio dal gusto delicato e moderatamente salato ai minimi di stagionatura, diventa più saporito con note piccanti nelle forme più mature. Largamente impiegato nella preparazione di tipiche ricette piemontesi come gnocchi, torte salate, polenta o fondute, si abbina alla perfezione con il classico risotto al Castelmagno, ma si presta volentieri anche al consumo in purezza, accompagnato da miele di tiglio. Si sposa bene con vini rossi corposi e invecchiati, come Barolo o Nebbiolo.

Castelmagno Dop: pregiato erborinato del Piemonte

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