“Cibosofia” della cucina futurista

«Mangia con arte per agire con arte», sosteneva Filippo Tommaso Marinetti, il primo a rivoluzionare secondo i principî della cucina futurista la gastronomia in Italia e nel mondo

La cucina futuristasviluppatasi durante la prima metà del Novecento, come altre discipline legate alla corrente del Futurismo, divenne anch’essa strumento per sostenere le grandi battaglie artistiche e politiche di allora.

Illustrazione satirica che nega il consumo degli “amidacei” di cui fa parte l’alimento tradizionale italiano: la pastasciutta.

Jules Maincave, cuoco francese, amico di Guillaume Apollinaire e – come venne in seguito definito da Filippo Tommaso Marinetti – “artista del palato”, fu l’anticipatore della cucina futurista, al cui movimento omonimo aderì nel 1914. Annoiato dai «metodi tradizionali delle mescolanze», a suo dire «monotoni sino alla stupidità», Maincave si ripropone di «avvicinare elementi oggi separati da prevenzioni senza serio fondamento»: filetto di montone e salsa di gamberi, noce di vitello e assenzio, banana e groviera, aringa e gelatina di fragola. Anni dopo, in Italia, la condanna alla rigida cultura alimentare italiana che s’identificava con il cosiddetto “alimento amidaceo” della tradizione e del folklore nazionale, la pastasciutta, e la valutazione del senso del gusto che da capacità dell’organismo umano di percepire sapori grazie ad un processo chimico, entrava in contrapposizione con l’aspetto culturale fatto di usi, costumi e abitudini; tale cucina, considerata come la lotta contro l’«alimento amidaceo» (cioè la pastasciutta), ritenuta colpevole di causare a coloro che ne facevano consumo, «fiacchezza, pessimismo, inattività nostalgica e neutralismo», secondo quanto venne dichiarato ad una cena al ristorante milanese Penna d’oca il 15 novembre 1930, al termine della quale Marinetti preannuncia il Manifesto della cucina futurista, pubblicato su Comoedia il 20 gennaio 1931.

libro “La cucina futurista di Marinetti e Fillìa” (1932)

Al lancio del Manifesto segue una folta serie di conferenze e banchetti futuristi in Italia e in Francia, l’inaugurazione della taverna “Santopalato” a Torino, e nel 1932, la pubblicazione del libro “La cucina futurista” di Marinetti e Fillìa. È evidente l’anticonformismo dell’epoca nel voler proporre sapori agrodolci fino all’impensabile, quasi a voler sfidare la staticità di una cucina fin troppo legata al passato. Originale e caotico groviglio di timide e spesso sovrabbondanti variazioni di ricette di base prettamente tradizionale ma con innovazioni più di forma che di sostanza, che suggeriscono vere e proprie metafore di antagonismo e cambiamento verso qualcosa che – quasi sicuramente – deve richiamare le neotendenze politiche.La cucina futurista si riscatta quando propone piatti programmaticamente incommestibili, assemblati con la tecnica del collage tipica delle neoavanguardie artistiche del tempo: vedi ad esempio per il Carneplastico. I futuristi inoltre si impegnarono anche a italianizzare (o meglio nazionalizzare) alcuni termini di origine straniera, il cocktail divenne così la polibibita(che si poteva ordinare al quisibeve e non al bar); similmente, il sandwich prese il nome di tramezzino, il dessert di peralzarsi e il picnic di pranzoalsole.

Fase di preparazione del “Carneplastico” cosparso di miele nella parte alta.

Oltre all’eliminazione della pastasciutta, il Manifesto esortava all’abolizione della forchetta e del coltello, dei condimenti tradizionali; puntava alla creazione dei cosiddetti “bocconi simultaneisti e cangianti”, ed invitava i chimici (o meglio i cuochi) ad inventare nuovi sapori che fossero accompagnati da musica ed essenze profumate, quasi a far divenire il pasto un evento.

Il “Carneplastico”: interpretazione sintetica dei paesaggi italiani, è composto di una grande polpetta cilindrica di carne di vitello arrostita ripiena di undici qualità diverse di verdure cotte. Disposto verticalmente nel centro del piatto, è coronato da uno spessore di miele e sostenuto alla base da un anello di salsiccia poggiato su tre sfere dorate di carne di pollo.

Il Manifesto della cucina però,  pur se contestualizzato in un preciso momento storico e pur se precursore di novità non fu però affatto sensibile ai temi che avrebbero realmente rimesso in discussione la storia gastronomica: cioè l’idea stessa che esistano modelli alimentari che sono frutto della dinamica del mercato tra domanda e offerta.Inoltre non tenne in conto neppure l’equa ridistribuzione dei generi di prima necessità in un periodo di fortedepressione economica, ed il fatto che – sebbene facente parte di un concetto legato alla tradizione – dovesse esistere un’etica alimentare in cui il cibo riacquistasse la sacralità necessaria a riattivarne la relazione con tutto ciò che in realtà era vitale per gran parte del popolo affamato., ieri come oggi!

Mariangela Martellotta
Immagine in evidenza di Mariangela Martellotta (rielaborazione grafica con foto tratte dal sito http://cantiereaperto.wordpress.com)
Immagini nel testo  :
(1)  tratta dal sito  www.taccuinistorici.it/
(3 e 4) tratte dal video “Carneplastico” ricetta cucina futurista
Immagine a fondo pagina (illustrazioni del menù del ristorante Santopalato di Torino)  tratta dal sito www.gingerandtomato.com

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