Coldiretti ha pubblicato la lista nera dei prodotti da evitare nel periodo di Natale. Si tratta di cibi fuori stagione, provenienti da paesi lontani migliaia di chilometri: il loro trasporto aereo contribuisce a inquinare l’atmosfera con l’emissione di gas a effetto serra.
In cima alla black list natalizia ci sono le ciliegie: secondo il calcolo Coldiretti, per giungere sulle tavole italiane dal Cile, un chilo di ciliegie deve percorrere quasi 12mila chilometri con un consumo di 6,9 chili di petrolio e l’emissione di 21,6 chili di anidride carbonica. Seguono a ruota i mirtilli dell’Argentina, che devono volare per più di 11mila chilometri con un consumo di 6,4 kg di petrolio e l’emissione di 20,1 chili di anidride carbonica. Medaglia di bronzo per l’anguria brasiliana, che viaggia per oltre 9mila km, brucia 5,3 chili di petrolio e libera 16,5 chili di anidride carbonica per ogni chilo di prodotto.

Senza contare un dato importante anche per le tasche: il prezzo di questi prodotti, tra l’altro poco gustosi e saporiti in quanto raccolti prima di essere completamente maturi, è superiore fino a oltre dieci volte quelli di mele, pere, kiwi, uva, arance e clementine nostrane. Un modo per dare un tocco esotico, ma ecosostenibile, alle nostre tavole, tuttavia esiste: si tratta di riscoprire frutti meno diffusi, ma italiani, come cachi o fico d’India, oppure antiche varietà come la mela limoncella e la pera madernassa.
In occasione della conferenza Onu sul clima di Parigi, Coldiretti ha sottolineato quanto sia importante il contributo di stili di vita più sobri e responsabili per contrastare i cambiamenti climatici e salvare il pianeta: il 40% delle emissioni nocive nell’atmosfera sono infatti legate ai trasporti, tra i quali i trasporti agroalimentari.
Tra i prodotti più diffusi che rischiano di “inquinare il Natale” ci sono anche le noci della California, le more dal Messico, il salmone dall’Alaska, gli asparagi dal Perù, i meloni dal Guadalupe, i melograni dalla Spagna e i fagiolini dall’Egitto. E per alcuni di questi prodotti, secondo la Coldiretti, le perplessità sono anche di carattere sanitario e non solo legate a motivi ambientali.