Cucina fascista tra manifesti, neologismi e curiosità

Una riforma voluta dal Duce sette anni fa e il relativo problema ancora insoluto
Per l’autarchia alimentare!
Per una coscienza alimentare !
Per una cultura Gastr. Italiana !
Per un’arte cucinaria Imperiale !
Per la conservazione e procreazione della stirpe !
 

[La cucina fascista – Indicazioni del Min Cul Pop per come preparare nei ristoranti i “Menù ovvero la nuova lista dei cibi” – Da il Giornale dell’Associazione Cuochi del 1939]

Pagina illustrata 14 x 20 cm. Immagine tratta dal libro: Petrucci Alfredo, L'aratro e la spada : letture per la terza classe dei centri rurali , Roma, Libreria dello Stato, A. XIX (1941), 214 pp. Illustrazioni di Pio Pullini.
Pagina illustrata 14 x 20 cm. Immagine tratta dal libro: Petrucci Alfredo, L’aratro e la spada : letture per la terza classe dei centri rurali , Roma, Libreria dello Stato, A. XIX (1941), 214 pp. Illustrazioni di Pio Pullini.
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L’alimentazione degli italiani sotto il fascismo iniziò ad essere scarsa intorno alla fine del ’35.  I problemi alimentari cominciarono dal pane, elemento base della dieta nazionale. Si registrò infatti un allarmante calo della produzione di frumento e nonostante la cosiddetta “battaglia del grano” l’incremento della produttività agricola risultò insufficiente.  Il pane era prodotto con una miscela di farina di lenticchie, d’orzo e di cicerchie ma anche nel resto dell’Italia, il pane bianco era privilegio di pochi. Nero e scarso, il pane era per giunta salato. Anche la pasta era insufficiente e, per limitare le importazioni di frumento, venne incoraggiato il consumo di riso che, invece, era in sovrabbondanza. A tal fine la propaganda fascista condusse una violenta quanto assurda campagna contro spaghetti e maccheroni che vide scendere in campo il futurista Filippo Tommaso Martinetti ormai in guerra contro la pastasciutta, incurante dei cortei popolari di protesta che ritenne la pasta “l’ideale vivanda dei combattenti”.

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Il 20 Novembre 1939 XVII E.F il “Messaggero della Cucina” se ne usciva con alcuni dei pezzi di cui quello sopra riportato. Il periodo storico del fascismo può essere ricordato come un periodo triste e turbolento, una parentesi storica durante la quale per la maggior parte degli italiani diventava assai sovente complicato unire un pranzo con una cena e, nonostante gli appelli ad una “Cucina autarchica”, la fame restava fame. La cucina del fascismo era poco raffinata e i menù non erano particolarmente ricercati e abbondanti poiché rispecchiavano una crisi economica diffusa tra tutte le classi sociali. Persino Mussolini, in un suo discorso del 18 novembre 1930 (forse commettendo una gaffe), disse “Fortunatamente il popolo italiano non è ancora abituato a mangiare molte volte al giorno”.

Cambiando i nomi delle pietanze non si riuscì nell’intento di valorizzare la lingua italiana ma si rischiò di fare la figura delle persone poco serie. In epoca fascista molti pranzi rimanevano indigesti a gerarchi e squadristi, come conseguenza del fatto che nel menù apparivano nomi nella lingua della perfida Albione o dei cugini francesi. Fu così che fu deciso di sostituire i termini dell’alta cucina con relative parole della lingua italiana come il consommè che diventa “brodo ristretto”, e di seguito si riportano i principali.

 

Julienne  >  Zuppa di legumi minuti
St. Germain  >  Zuppa di piselli stacciati
Parmentier  >  Zuppa di patate schiacciate
Santè  >  Zuppa di legumi
Omelette  >  Frittata avvolta
Omelette finerbes >  Frittata avvolta con prezzemolo
Purèe di patate  >  Patate schiacciate
Croquettes di…  >  Polpettine di ….
Mousse di fegato d’oca  >  Spuma di fegato d’oca
Pollo in aspic  > Pollo in gelatina
Carrè di vitello  >  Lombata di vitello
Entrecòtes  >  Braciola di Lombo
Rumpsteack  >  Braciola di costata
Roastbeef  >  Lombo di bue
Tournedos  >  Medaglioni di filetto di bue
Chàteaubriand  >  Doppio trancio di filetto di bue
Beefsteck  >  Trancio di filetto di bue
Goulach  >  Spezzatino di manzo con paprika
Gigot di …  >  Cosciotto di ….
Vol au vent di …  >  Sfogliatine di….
In salmì  >  Infuso di vino
Noisette di vitello  >  Nocettine di vitello
Wusten  >  Salsicciotti affumicati
Flan di….  >  Sformato di…
Crème Caramelle  >  Crema Caramellata
Pudding  >  Budino
Souflèe  >  Gonfiato
Crèpes  >  Frittelle dolci
Beignet di…  >  Frittelle di…
Chantilly  >  Panna montata
Marrons Glacèe  >  Castagna candita

 

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Nel periodo fascista il ceto medio è lo spaccato d’Italia su cui le mire del fascio vengono indirizzate, ma l’arroganza del regime poco interessa alla famiglia italiana che vive in affitto, in abitazioni tutte uguali e razionali, dove manca l’elettricità che arriverà solo nel 1938.  88 case su 100 sono prive servizi igienici ed esiste uno stanzino sul ballatoio, pochissime sono di proprietà e il bagno si fa una volta alla settimana con l’acqua calda scaldata sul fornello delle nuove cucine economiche. La cucina economica è la vera invenzione per la donna dell’epoca, lì si cucinava, ci si scaldava, c’era sempre a bollire una pentola con l’acqua calda e accanto pronto all’uso il ferro da stiro. Quella scatola metallica bianca con i piedini rialzati diffondeva il calore a tutte le stanze della casa. A Roma nascono le borgate fatte proprio dagli operai sgombrati a forza dal centro che deve far posto alle ambiziose opere del regime corrispondenti ai sogni di grandezza di Mussolini. Il frigo era inesistente, ma c’era la cosiddetta “ghiacciatina” a cui ogni mattina veniva aggiunto un blocco di ghiaccio. Nessun cibo era conservato ad eccezione della confettura Cirio.

Morelli Lidia, “Per voi massaie d’Italia” – Torino : Società Reale di Mutua Assicurazioni, 1938.
Morelli Lidia, “Per voi massaie d’Italia” – Torino : Società Reale di Mutua Assicurazioni, 1938.

Nel 1936 fare la spesa vuol dire essere autosufficienti, anche se il periodo in cui gli italiani cominciano a mangiare carne regolarmente è negli anni ’50. Nelle ricette però esisteva il dado col quale a fronte di una povera spesa si potevano fare eccellenti minestre. Anche nell’arte culinaria il fascismo non manca di appellarsi alla sobrietà e all’autarchia e promuove una rigorosa educazione alimentare. Mussolini dichiarava: “Dobbiamo considerarci soldati anche nel rancio”. Il menù della settimana di un lavoratore, per esempio di un operaio, consisteva in un piatto di polenta con salsa di pomodoro, un uovo al tegame, minestrone di riso, carote in verde con formaggini; un altro giorno pranzava con polenta e baccalà, mezzo chilo di arance e cenava con riso al latte e patate al burro. La domenica, dopo una lunga settimana di lavoro, poteva concedersi un pasto a base di pasta al pomodoro, polpettone di manzo arrosto e a cena si permetteva un riso in brodo di dadi, insalata di patate e barbabietole e un etto di stracchino.

 

Alimentazione settimanale per sei persone Pagina di un album di ricerche scolastiche, relativo all'anno 1940-41, di un'alunna Giannina Cortesi frequentante la seconda classe della "Regia Scuola di Magistero Professionale per la Donna" di Forlì. L'album, prodotto nell'ambito delle lezioni di Economia domestica, presenta la "lista della giornata" per tutti i giorni della settimana. La lista comprende il nome del prodotto alimentare, la quantità e il prezzo ed è affiancata da una o più ricette per la preparazione di primi e secondi piatti.
Alimentazione settimanale per sei persone
Pagina di un album di ricerche scolastiche, relativo all’anno 1940-41, di un’alunna Giannina Cortesi frequentante la seconda classe della “Regia Scuola di Magistero Professionale per la Donna” di Forlì. L’album, prodotto nell’ambito delle lezioni di Economia domestica, presenta la “lista della giornata” per tutti i giorni della settimana. La lista comprende il nome del prodotto alimentare, la quantità e il prezzo ed è affiancata da una o più ricette per la preparazione di primi e secondi piatti.

Mariangela Martellotta

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