Dal Cenino al Cenone

Una bella tavola, una tovaglia bianca, luci natalizie, feltro colorato, collane di lucenti perline, sottili bicchieri di cristallo per acqua, vino e champagne. Mise en place d’eccezione per i gironi di Natale, menu dedicati, ragionati, tradizionali, innovativi, regionali, vegetariani, d’autore.
Dalla tavola alla cena il passo è breve. Ma solo 50 anni fa, racconta mia nonna, tutto era diverso. Le tavole erano semplici, i menu non erano menu, l’unica tovaglia rossa era destinata ad abbellire la tavola del pranzo di Natale assieme al servizio buono, ai tortellini fumanti, al brodo, al lesso, alla gallina che se ne stava sul fuoco fin dalla mattina emanando un sottile profumo di buono.
La cena della Vigilia non era di certo un cenone, piuttosto un “cenino” davvero frugale, davvero “di magro”, quasi un pretesto nell’attesa della mezzanotte che mia madre attendeva con intima emozione, solo per prendere con cura tra le mani quel bambinello e dargli finalmente il proprio posto nel Presepe, immancabile in ogni casa a differenza dell’albero, più raro, ma rigorosamente vivo. Un albero che veniva abbellito da qualche pallina di vetro e vera candelina, e se non c’era albero andava bene qualsiasi pianta avesse rami su cui adagiare qualche filo argentato e che desse l’atmosfera della festa.
Ma torniamo alla tavola, a quella semplice cena anticipata dal classico, voluminoso, fritto di verdure, cui seguivano spaghetti con le alici e per secondo tonno, patate e prezzemolo. Stop. Solo dopo la mezzanotte un pò di dolci e frutta secca. Nessuna televisione. Nessun regalo. Solo parole e tanto raccoglimento. E la Messa, rigorosamente le Messe, quella della mezzanotte e quella di Natale.
Poi un giorno, d’improvviso, come una scossa di terremoto, inattesa ed imprevista, sono arrivati dilaganti gli anni ’60, poi quelli ’70, ’80, ’90 e, a grande richiesta, il 2000! Pennette al salmone, tartine, cocktail di gamberi, salsa rosa, astici, aragoste, filetti di rombo, tartare di tonno, crespelle, lasagne, gnocchetti, televisione, panettoni, panforte, datteri, fichi, fichi ripieni, fichi ricoperti di cioccolato, pandori, torroni, regali, regali, regali per tutti, alberi di Natale di plastica, a fibre ottiche, dell’Ikea, luci, luci, luci, simboli di un benessere che deve essere sbandierato e rimarcato, simboli di una fame che veniva e viene finalmente scongiurata, che viene rifiutata e confinata in un angolo buio, da dimenticare, come un brutto un sogno. Simboli inquieti ed ansiosi, di un’affannata ascesa sociale che traballa ma che a tavola si siede, si sazia e trova sempre il suo posto.

Sara De Bellis

Dal Cenino al Cenone

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