Eurhop 2014: la piacevole esperienza di perdersi in un bicchiere di…birra

Un mondo in progressiva ascesa quello della birra. Questa è l’immagine con cui Eurhop congeda i tanti visitatori giunti per prendere parte alla tre giorni dedicata all’universo brassicolo.

Nella capitale, presso il Palazzo delle Fontane, si sono riuniti illustri interpreti di questa “bevanda” dalle antiche origini che, purtroppo, stenta ancora a raggiungere la fama da tempo conquistata dal vino.

Eppure, alcuni numeri dovrebbero invitare a riflettere: 50 birrifici e oltre 300 etichette in assaggio testimoniano, da un lato il progressivo interesse del pubblico, dall’altro, la capacità dei mastri birrai di saper trovare nuove declinazioni per i vari “stili”. Ed infatti, Eurhop ha costituito una valida occasione per conoscere sia realtà italiane – più o meno nuove o consolidate – sia le tendenze in itinere nei Paesi esteri.

Un lungo percorso articolato attorno alla sorprendente “genialità” italiana che, anche in questo campo, sembra esprimersi al meglio nel dar libero “sfogo” alla propria vena creativa. Sarà la varietà delle materie prime a disposizione, sarà quella sorta d’innato talento che fa del Bel Paese un indiscusso protagonista dell’enogastronomia, ma – di fatto – non si può negare l’importante traguardo raggiunto. Un dissetante calice di birra, pertanto, diventa non solo il compagno di torride giornate estive, ma anche (e soprattutto) una piena manifestazione del nostro saper apporre, ad una cultura di derivazione estera, una firma inconfondibile di “Made in Italy”, un sigillo di  garanzia del livello qualitativo.

Girando nella spaziosa sala e parlando con i birrai presenti, si fatica forse ad immaginare il prossimo confine di un mondo in continuo “fermento”: brassaggi di dimenticate ricette riportate alla luce, esperimenti in corso ed impiego delle materie prime di un determinato terroir. Ed allora, in pochi metri, si passa dal gusto fresco e dissetante di una pils – netta ed immediata nei suo toni luppolati – ad una birra da meditazione, complessa e figlia di un riposo in botte, a birre da fine pasto o addirittura caratterizzate dagli ingredienti offerti dalla località di provenienza del produttore. È così, ad esempio, per il Birrificio Pontino che dedica alcune sue etichette alle proprie “origini”; tra queste, la Rose Mary’s Stout (una Outmeal con rosmarino del Circeo) dal naso marcatamente mediterraneo, oppure la 41° parallelo (una Farmhouse con l’aggiunta di kiwi giallo dell’Agro Pontino), ammaliante negli esteri della frutta e nelle note classiche dei brett sprigionati.

Analogamente, spostandosi al Nord, Croce di Malto ritrova nel riso un’antichissima materia prima da valorizzare, specie se nella varietà autoctona Ermes; nasce, allora, come omaggio ad un grande protagonista, la Rus, una Novararice Bitt con il pregiato riso rosso in aggiunta. Profumi intriganti, figli del felice matrimonio tra malto, riso e luppolo; in bocca un ingresso morbido che cede progressivamente il passo ad un’elegante nota amaricante.

Nel Meridione, invece, a sposare questa filosofia, troviamo il birrificio Birranova, con la sua Arsa, una Smoked Porter realizzata con grano arso che, quanti conoscono la Puglia, sanno essere oramai parte integrante del DNA dei nativi della regione. O, ancora, non distante dalla capitale, è il Birrificio Castelli Romani a presentare un “ringraziamento” alla terra laziale, proponendo la sua Ariccina, una Saison con farro da agricoltura biologica rigorosamente del territorio.

Da non dimenticare, poi, il filone della contaminazione tra birra e vino: da birre affinate in botte a quelle realizzate con aggiunta di uva, sembra che l’unione dei due mondi trovi un diverso modo di esprimere un trait d’union comunque vincente. E a testimoniarlo, su tutti, le etichette del birrificio Loverbeer, capace di declinare, in ciascuna di esse, le peculiarità della Barbera (con la Beerbera, Italian Wild Ale a fermentazione spontanea a partire da uve del vitigno) o del Nebbiolo (con la Nebiulin-a-, Sour Wild Ale, blend di tre annate consecutive di una birra inoculata con gli attori della fermentazione spontanea e aggiunta di uva), rispettando tempi, gestualità e ritmi dell’arte brassicola. Da segnalare, a Bracciano, il promettente birrificio Vento Forte che, con la sua Farmhouse Reserve (una Saison maturata in botti di Nebbiolo o Amarone), regala un calice intrigante ed elegante, nel quale ad una trama di aromi terziari si sovrappone un complesso sentori resinosi, erbacei e agrumati.

Ben rappresentato anche l’estero, con un tour ideale alla volta di Lager di piccoli produttori della Franconia, Ales di protagonisti britannici e belgi, e alla scoperta di nazioni che, solo di recente, si sono affacciate alla scena internazionale: la Polonia, con il tipico stile Grodziskie, regala birre ad alta fermentazione, basso tenore alcolico ed attraversate dalla nota fumé derivante dall’impiego del tipico malto affumicato.

Bussola necessaria ad orientarsi in questo piacevole labirinto, gli incontri organizzati da Lorenzo Kuaska Dabove, una garanzia di sapienza e conoscenza nel settore. Egli si preoccupa, in primo luogo, di trasmettere la cultura che si cela dietro ogni birra e la passione con la quale i numerosi interpreti si dedicano alle loro creazioni: ogni cotta è il frutto di una concezione, di uno stato d’animo o, comunque, quintessenza della Natura. Una tavolozza di pochi ingredienti (luppolo, acqua, malto e lievito) per disegnare un quadro ricco di sfumature, cromatismi e chiaroscuri. Quei chiaroscuri che fanno la differenza rispetto a talune vedute più nette e categoriche; gli stessi che valgono a distinguere l’uno o l’altro autore, tanto lontani quanto vicini nel loro desiderio di affermare la dignità di una “bevanda”, per molto tempo giudicata di secondaria importanza.

La seconda edizione di Eurhop conferma, però, l’inizio di una nuova epoca: con alle spalle una storia relativamente recente, l’Italia ha dimostrato di perfezionare rapidamente il proprio know-how, appellandosi al ricco bagaglio di conoscenze e alla propria vena creativa. Invita, dunque, a rileggere con altri occhi i passi sinora compiuti e a guardare, con ottimismo, alle rosee prospettive che si intravedono all’orizzonte.

Photo credits

Manuela Mancino

 

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