Prima furono i denti, le mani, le dita: tre dita per afferrare le pietanze, come suggerì pure Ovidio, “prendi i cibi con la punta delle dita”.
Poi vennero realizzati gli strumenti e progressivamente comparvero il coltello, il cucchiaio e la forchetta, oggi oggetti scontati, accorpati nella triplice entità definita posate, ciascuno con un forte carattere individuale e una ricca storia personale.
Bruno Munari (1907-1998), una figura tra le più importanti del design e della cultura del Ventesimo secolo. Libero, leggero, solare, spiritoso, totalmente flessibile, (apparentemente) semplice, rigorosamente metodico. Una vitalità straordinaria, alimentata sempre da ironia e curiosità, ha permesso a Munari anche di divagare sulla funzione degli oggetti per giocare in libertà, fino a realizzare cose superflue, come le Forchette Parlanti.
“Complicare è facile, semplificare è difficile. Per complicare basta aggiungere tutto quello che si vuole, colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose… La semplificazione è il segno dell’intelligenza”. [Bruno Munari]
Vere e proprie forchette in acciaio inox i cui rebbi e manici sono stati piegati volontariamente a discapito della funzione per la quale sono state create in principio. Esse costituiscono un esempio significativo di un’arte che si permette di concentrarsi su un messaggio allegorico che lascia spazio alla fantasia. Ogni oggetto d’altronde può avere due aspetti: la forchetta può sembrare, ad esempio, una mano, e assumere tutte le posizioni della mano. Ma quante sono le “Forchette Parlanti”? Abbiamo risposto poc’anzi … assumono tutte le posizioni della mano e visto che le posizioni e le mani sono infinite anche esse lo saranno!
L’aspetto curioso della forchetta sta nel fatto che per quanto sia oggi emblema della cultura gastronomica occidentale (più propriamente europea), in realtà la sua origine si immagina in Cina, forse Giappone, regni in cui ci si nutre per lo più mediante bacchette. E quindi la forchetta – regina e allo stesso tempo Cenerentola delle nostre cucine – impugnata a sostegno della discriminazione verso il bon-ton, stupisce tutti rivelando nella sua forma perfetta l’imprescindibile ricchezza dello scambio di culture, grazie alla quale ogni giorno riusciamo dignitosamente a cibarci. Una forchetta, come ci insegna Munari, non è quindi solo un’oggetto statico ma molto di più! È lo stesso Munari lo spiegò: “questo delle forchette è un gioco, una specie di ginnastica mentale, come quello che faccio con i bambini”. (guarda il video)
Mariangela Martellotta