Guida Oro I Vini di Veronelli 2022: svelati i Dieci Sole

L’incantevole cornice di Palazzo Te a Mantova è stato il palcoscenico perfetto per la presentazione in anteprima della Guida Oro I Vini di Veronelli 2022, volume erede degli storici cataloghi firmati, sin dagli anni Cinquanta, dal padre della critica enologica italiana, che conta quest’anno la partecipazione più alta degli ultimi dieci anni con ben 16.642 etichette recensite, per un totale di 2.168 produttori descritti.

Dopo aver svelato i 5 Migliori Assaggi 2022 e i Tre Stelle Oro, per l’occasione sono stati rivelati i prestigiosi Dieci Sole, premi speciali assegnati dalla Redazione ad altrettanti “racconti in forma di vino” rappresentativi della competenza, della creatività e dell’impegno dei produttori italiani.

Ad aggiudicarsi il prestigioso premio, quest’anno, il Valle d’Aosta Chambave Muscat Flétri 2019 di La Vrille (Verrayes, AO), il Monferrato Rosso 1491 2015 di Castello di Uviglie (Rosignano Monferrato, AL), l’Oltrepò Pavese Riesling Superiore Vigna Martina Le Fleur 2019 di Isimbarda (Santa Giulietta, PV), lo Zero Infinito Perpetuo s.a. di Pojer & Sandri (Faedo, TN), il Collio Pinot Grigio Riserva Mongris 2017 di Marco Felluga (Gradisca d’Isonzo, GO), il Maremma Toscana Sangiovese Acrobata 2015 di Pian del Crognolo (Scansano, GR), il Serra Petrona Rosso Morò 2018 di Fontezoppa (Civitanova Marche, MC), il Fonte Grotta Moscato Secco Colline Pescaresi 2020 di Tenuta Secolo IX (Castiglione a Casauria, PE), l’Etna Rosso Riserva Saeculare 2012 di I Custodi delle Vigne dell’Etna (Castiglione di Sicilia, CT), infine il vino Zhabib Terre Siciliane Zibibbo Passito 2020 di Hibiscus (Ustica, PA).

Dieci capolavori dell’enologia Made in Italy scelti anche come protagonisti assoluti di “Degustazione d’autore. Storie di vini e di persone”, un percorso da vivere insieme ai curatori della Guida alla scoperta delle eccellenze della produzione vitivinicola italiana.

Si parte dal Valle d’Aosta Chambave Muscat Flétri 2019 di La Vrille: “restituire le suggestioni di un luogo, l’atmosfera che vi si respira, raccontare chi in quella terra vive e lavora: la magia del vino è anche questo. Lo Chambave Muscat Flétri 2019 di La Vrille parla con voce chiara dei suoli morenici di Verrayes, delle viti di muscat petit grain cresciute al cospetto del Mont Avic, delle uve accompagnate sane a maturazione, quindi passite e vinificate da Hervé e Luciana Deguillame. Nella loro cantina scavata nella roccia viva, il mito di una denominazione storica si rinnova con questo vino incantevole. Raro, com’è rara la gioia montana del Sole che sorge”.

Sul Monferrato Rosso 1491 2015 di Castello di Uviglie, così scrive la Guida: “Il pittore Angelo Morbelli elesse a dimora l’abitato di Colma, immediate vicinanze del Castello di Uviglie. Nei suoi quadri appare talvolta il paesaggio agrario locale, reso con la tecnica divisionista che accosta tratti di colori puri. Complice il Prof. Dalmasso che, anno 1938, ‘accostò’, incrociandoli, nebbiolo di Dronero e barbera, la famiglia Bonzano ci ha sorpresi con un liquido ritratto monferrino a base di uve albarossa. Quest’opera di elegante fattura – tra le migliori espressioni del vitigno mai assaggiate – ha titolo 1491, in ricordo dei cinque secoli di viticoltura al Castello. Che il Basso Monferrato, accanto alla Barbera e ai nuovi e intriganti Grignolino, abbia un’altra freccia al suo arco?”.

Si passa poi all’Oltrepò Pavese Riesling Superiore Vigna Martina Le Fleur 2019 di Isimbarda: “Dai tre ettari della Vigna Martina, comune di Mornico Losana, Isimbarda ottiene un ottimo Riesling Renano. Eppure, dai filari più alti, Claudio Battaini e Daniele Zangelmi sono certi di poter avere di più. Decidono, perciò, di vinificare separatamente la parcella, cogliendo dalla pressa il solo mosto fiore. Fermentazione e affinamento avvengono in acciaio, limitando ogni indesiderata ossidazione, e un anno in bottiglia – renana, naturalmente – precede la messa in commercio. Un gioco rischioso, quello del Riesling, poiché il confronto con altri e più quotati distretti europei è inevitabile; tuttavia, nel calice, il Riesling Superiore Vigna Martina Le Fleur dà loro ragione”.

Sullo Zero Infinito Perpetuo s.a.di Pojer & Sandri così si pronunciano i curatori: “Viticoltura ed enologia significano anche creatività, sperimentazione tecnica e innovazione estetica. Da questo punto di vista, Mario Pojer è un fuoriclasse. Le sue maggiori risorse? La profonda conoscenza teorica, la straordinaria abilità di “bricoleur” nel forzare e perfezionare le tecnologie, il senso di responsabilità etica per il proprio agire e… l’arte del viaggio. Cammina vigneti e cantine d’ogni continente, si addentra nei territori del distillato, della birra, dei fermentati più insoliti e affascinanti, per rientrare a Faedo carico di idee. Il Perpetuo è l’ultimo nato del progetto Zero Infinito, teso a produrre vino senza aggiunta alcuna. Ispirato all’omonima tecnica siciliana, prevede l’assemblaggio di annate diverse e l’affinamento in piccoli fusti che hanno ospitato per dieci anni il brandy aziendale. Una solare e spiazzante giocata da fenomeno: don’t try this at home!”.

Ed ecco il Collio Pinot Grigio Riserva Mongris 2017 di Marco Felluga, così descritto: “Un Pinot Grigio sontuoso, che gioca con intelligenza ogni carta per affermare la propria grandezza. Anche con un sano spirito di rivincita sull’immagine anonima della varietà e dei bianchi italiani in genere che diffondono milioni di bottiglie industriali (e pensare che il “pinot gris” fu introdotto in clima post-fillosserico per la specifica produzione di vini fini). Uve di qualità eccelsa raccolte nelle vigne in Farra d’Isonzo, diraspate e macerate a freddo prima della pressatura. Circa un terzo del mosto fermenta in botti da 5 ettolitri, il restante in acciaio. Con due anni sui lieviti e lunghi mesi in bottiglia, il Mongris si è guadagnato il titolo di Riserva. Un’ode alla potenza matura, consistente e sapida, della terra friulana, nell’interpretazione di due “signori del Collio”, Marco e Roberto Felluga”.

Per la Toscana di aggiudica il Sole il Maremma Toscana Sangiovese Acrobata 2015 di Pian del Crognolo: “Acrobata, nome quanto mai appropriato per un sangiovese nato nella calda Maremma, a poca distanza dal mare. A Pàncole – già il toponimo sdrucciolo suggerisce radici etrusche – Pian del Crognolo non arriva all’ettaro e mezzo di superficie vitata totale ma sa creare vini eccellenti, in poche bottiglie preziose. Su tutte, un sangiovese grosso – il celebre clone BBS11 – che in questa terra costiera conserva tutta la sua grazia nell’annata superiore 2015. Autori di questo gioco d’equilibrio sono Giuliana Gaibotti e Paolo Gozzini, imprenditori lombardi che, dopo aver a lungo viaggiato, hanno messo radici a Scansano”.

Per le Marche premiato il Serrapetrona Rosso Morò 2018 di Fontezoppa: “Serrapetrona, inteso come vino, o si ama o si odia, come si amano o si odiano le persone dal carattere deciso, pronte a palesare se stesse senza infingimenti. Nel Serrapetrona Rosso Morò 2018, tuttavia, l’originalità del vitigno e del luogo si dipana con garbo, l’esuberanza della spezia e del fiore dialoga con il frutto maturo, con la confettura e la liquirizia. Un discorso che è, insieme, deciso e pacato, di grande densità grazie all’irreprensibile conduzione agricola e alle rese omeopatiche. Sole al vino bandiera di Fontezoppa, alla puntuale dimostrazione che all’opposto di omologato non stanno per forza il bislacco e la caricatura”.

Per l’Abruzzo trionfa il Fonte Grotta Moscato Secco Colline Pescaresi 2020: “Produrre da uve aromatiche un vino fermo e privo di residuo zuccherino è un esercizio complesso. Tutt’altro che semplice, infatti, è raggiungere e mantenere nel tempo il baricentro fragile della gradevolezza, mediare tra fragranza e ampiezza, consistenza e freschezza. Un’arte che Tenuta Secolo IX dimostra di padroneggiare, proponendo vini di precisa esecuzione, benché di fisionomia insolita, a base di uve moscato di Castiglione. Ecco, dunque, che il lascito enoico dell’austera Abbazia di San Clemente a Casauria, quel vino benedetto degno dei papi, diviene protagonista di aperitivi o, con ecumenismo encomiabile, compagno ideale di speziate cucine orientali”.

Gli ultimi due Sole vanno alla Sicilia. Il primo di questi è l’Etna Rosso Riserva Saeculare 2012 de I Custodi delle Vigne dell’Etna: “I Custodi delle Vigne dell’Etna nasce dall’amicizia tra Mario Paoluzi e l’enologo Salvo Foti. Quest’ultimo ha creato un progetto che è, in ugual misura, un consorzio di aziende – quella di Paoluzi, naturalmente, ne è parte – e un programma sociale che ha per protagonisti i viticoltori del vulcano. Preservare la forza vitale di piante pluricentenarie e portarla in bottiglia, costruire un muretto a secco, una terrazza, per impiantarvi una vigna a quinconce sono azioni che nascono e che trovano senso a partire dalle menti e dalle mani che le realizzano. La consapevolezza, la dignità e la remunerazione dei ‘vigneri’ sono cruciali. Sulla vigna monumentale in contrada Feudo di Mezzo, sugli alberelli che arrivano a 250 anni d’età, sull’Etna Rosso Riserva Saeculare 2012 e su coloro che lo producono risplende il nostro Sole”.

Infine, ecco il Zhabib Terre Siciliane Zibibbo Passito 2020 di Hibiscus: “Le lenticchie e i ceci, l’olio extra vergine d’oliva, l’agriturismo, l’orto e persino il museo della civiltà contadina, in collaborazione con il Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica: anche questo è Hibiscus, azienda agricola di Margherita Longo e Vito Barbera. È, però, soprattutto per produrre vino che Nicola, padre di Margherita, fa ritorno ad Ustica dopo aver conseguito a Torino la laurea in agraria. Oggi, Margherita e Vito sono gli unici vignaioli dell’isola. La solare bontà del loro Zhabib Zibibbo Passito 2020 è preziosa tanto per chi ha la fortuna di assaggiarlo, quanto per il futuro dolce che contribuisce a creare, per la vite ed il vino, nella sua terra incantevole”.

Guida Oro I Vini di Veronelli 2022: svelati i Dieci Sole

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