Il mondo del vino si veste di…rosa: al Castello Aragonese di Otranto, la riscossa dei vini rosati

Che la vita sia fatta di sfumature è oramai certo. E che il mondo del vino lo stia divenendo pure. Non più solo bianchi o rossi, dunque, ma anche “rosati”, per molto tempo – e a torto – considerati fratelli minori dei primi e ora protagonisti di una grande ascesa. È questo il quadro emerso in occasione della terza edizione del Concorso enologico nazionale “Rosati d’Italia”, tenutosi presso la splendida cornice del Castello Aragonese di Otranto (LE).

La cerimonia di premiazione è stata infatti preceduta dal convegno internazionale “I mercati del Rosato: identità, gradimento e prospettive”, fortemente voluto e promosso dall’Assessorato alle Risorse Agroalimentari della Regione Puglia, in partenariato con Assoenologi, Accademia Italiana della Vite e del Vino e Unioncamere Puglia.

Illustri esponenti del settore enologico hanno fornito una compiuta analisi del mercato dei rosati, interpretato secondo differenti chiavi di lettura, figlie del variegato background e formazione scientifica degli intervenuti.

Dopo i saluti del sindaco di Otranto, Luciano Cariddi, a dare avvio al dibattito è Antonio Calò, presidente dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino, che ha evidenziato il trend crescente dei cosiddetti vini oligofori (scarichi di colore). Lontano dall’essere un mero esercizio di stile, l’uso dell’aggettivo (risalente all’epoca romana) vuole sottolineare come la predilezione per “vini facili da bere, più leggeri, equilibrati ed eleganti” affondi le proprie radici in antiche tradizioni.

COncorso rosati, medaglie oro (1)

L’analisi delle dinamiche internazionali, affidata ai qualificati interventi di Federico Castellucci (già Presidente OIV) e ad i contributi di Gilles Masson (direttore del Centro di ricerca e sperimentazione sul vino Rosé dell’Istituto francese della vigna e del vino) e Rudolf Nichening (segretario generale dell’Associazione viticoltori tedeschi), ha portato in evidenza una domanda in progressiva espansione che si muove parallelamente ad un incremento del livello qualitativo dell’offerta. A confermarlo, infatti, sono i numeri di questa edizione: 245 cantine partecipanti, 319 etichette e 20 regioni. Ma soprattutto, sorprende positivamente che ben il 69 percento dei campioni esaminati a Bari (il 10 e l’11 maggio) ha raggiunto una votazione di 80 centesimi, corrispondente al giudizio “ottimo”.

Un traguardo emblematico per il nostro Paese che sembra consacrare l’avvio di un percorso orientato a restituire “dignità” ad un prodotto erroneamente giudicato un vino per il solo pubblico femminile, oppure alla stregua di quanto in altri ambiti si usa definire un “second best”. Un risultato ancor più significativo per la Regione ospitante che, ad ex aequo per numero di medaglie (5 in totale) con il Veneto, si aggiudica il secondo posto del medagliere, seguita – nell’ordine – da Emilia Romagna, Lombardia e Abruzzo.

Un concorso che segna pertanto un punto di svolta per la Puglia, da qualche anno impegnata in una inversione di tendenza rispetto ad un recente passato quando, nell’immaginario collettivo, era vista come “mero” bacino di approvvigionamento di uve così cariche in antociani o in struttura da essere impiegate per il “taglio” di numerosi vini italiani. Ma è proprio questa grande personalità dei vitigni autoctoni ad imporsi, a voler riscattare le proprie tipicità per dimostrare come, grazie ad un avviato processo di miglioramento delle tecniche di vinificazione e di allevamento, possano esprimersi ai  massimi livelli.

Giunta al terzo anno, “Vini Rosati d’Italia”, ideata dal senatore Dario Stefàno, si conferma come importante rassegna enologica, il cui unicum risiede nel perfetto mix tra ricerca, analisi e consapevolezza di un’impellente valorizzazione del nostro patrimonio enogastronomico. Testimonianza dei notevoli investimenti e della lungimiranza della Regione Puglia, l’evento lascia presagire un florido futuro per il vino Made in Italy.

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Manuela Mancino

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