Dalla vigna al bicchiere: il risveglio dei rosati e la rinascita di vitigni dimenticati

Uve rosse, vini rosa: una rivoluzione silenziosa sta trasformando il mondo del vino. Varietà tradizionalmente destinate ai rossi corposi, come Aglianico, Nebbiolo e Sangiovese e diversi vitigni internazionali, stanno rivelando un volto inedito nei rosati, spesso spumantizzati. Ma non solo, vitigni dimenticati, talvolta rari e antichi, quali Avanà, Tintilia, Perricone, Vermentino Nero e Pollera, solo per citarne alcuni, stanno tornando alla ribalta, affermandosi con i loro aromi e sapori unici e sorprendenti, grazie all’instancabile lavoro di produttori coraggiosi e appassionati.

Perché i vini rosati hanno successo?

Questa tendenza è alimentata da un mercato in fermento, che richiede prodotti sempre meno alcolici, più freschi e versatili. Queste uve, inoltre, propongono una nuova palette cromatica e aromatica, e un’esperienza di degustazione più leggera e dinamica, perfetta per accompagnare i pasti e i momenti di convivialità.

Il mercato dei vini rosati registra una crescita costante a livello mondiale, con una produzione complessiva di circa 23 milioni di ettolitri. La Francia si conferma il principale produttore, detenendo il 32% della quota di mercato globale con 6.5 milioni di ettolitri, seguita dalla Spagna con 3.7, dagli USA con 3.4. Mentre l’Italia, con poco più di un milione di ettolitri prodotti, contribuisce al 9% della produzione mondiale e al 5% dei consumi globali.

Un segnale positivo è stato lanciato dal “Patto” tra i cinque maggiori distretti di rosati autoctoni italiani: Bardolino, Valtènesi, Cerasuolo d’Abruzzo, Castel del Monte e Salice Salentino. A sottolineare il cambio di passo le dichiarazioni del presidente del Consorzio del Bardolino, Franco Cristoforetti, nonché promotore del progetto: “Con questo patto a cinque vogliamo far conoscere le peculiarità del rosato italiano nel mondo”, ed esprime la volontà di diventare protagonisti della scena internazionale e di modificare la percezione di un’Italia produttore di soli vini rossi, bianchi e bollicine.

Il successo dei vini rosati, in questi anni, è il risultato di una combinazione di fattori che hanno saputo intercettare le esigenze e i gusti di un pubblico sempre più ampio e diversificato; attribuibile a un maggior appeal visivo, a una ridotta gradazione alcolica, alla rapidità di vinificazione e alla versatilità di abbinamento.

L’Avanà

L’Avanà, un vitigno autoctono delle Alpi occidentali, in particolare della Alta Val di Susa e dei comuni di Chiomonte, Meana, Gravere, Susa e Giaglione. Studi genetici hanno dimostrato che l’Avanà condivide lo stesso profilo genetico con l’Hibou noir, varietà coltivata in Savoia e nel Vallese. Questa scoperta avvalora l’ipotesi che l’Avanà sia stato introdotto in Piemonte durante il dominio sabaudo.

Con l’avvento della fillossera la sua produzione si è drasticamente ridotta, fino a arrivare a appena 30 ettari nei primi anni 2000. Dal 1996 l’Avanà è impiegato nella tipologia rosso del Pinerolese DOC e in particolare del Pinerolese Ramie, con un minimo del 60% congiuntamente a Becuet e Chatus. Dal 1997, per un minimo del 60%, nella Valsusa DOC, da solo o unitamente a Barbera, Dolcetto e Neretta cuneese. Nessun disciplinare ne prevede una tipologia in purezza.

L’Avanà è un esempio di viticoltura eroica, coltivato su terrazzamenti impervi, spesso inaccessibili ai mezzi meccanici, questo vitigno richiede tecniche colturali tradizionali e una gestione attenta del vigneto. La controspalliera di modesta altezza, o ad alberello, sono i sistemi di allevamento più adatti alle condizioni climatiche e pedologiche del territorio.

La pianta, di media vigoria con una produzione regolare, è soggetta a una certa alternanza produttiva, inoltre, occorre vigilare sulla corretta esposizione al sole dei grappoli per evitare difetti di colorazione e raggiungere la corretta maturazione. Il grappolo dell’Avanà presenta caratteristiche morfologiche tipiche dei vitigni di montagna: dimensioni medie, forma cilindrica e allungata, peduncolo corto e sottile. Gli acini, sferoidali e di media grandezza, di colore blu intenso tendente al violetto, sono caratterizzati da una buccia spessa e consistente, molto purinosa. La polpa succosa, dal sapore semplice e dal retro gusto mandorlato.

Vinificato in purezza, si ottiene un vino di pronta beva, fresco, dal profumo di frutta e fiori primaverili, leggero di corpo, dal colore rosso rubino tendente al chiaro

La Chimera: Il volto della viticultura eroica

A 750 metri d’altitudine in Val di Susa, La Chimera, piccola realtà artigianale di Chiomonte, esprime tutta la passione e il rispetto per questo territorio. Tenace e appassionato vignaiolo, Stefano Turbil, con la moglie Mariangela, hanno restituito nuova dignità all’Avanà con lo spumante Rosé Brut Nature AE M.C. in grado di esaltare ottimamente le caratteristiche originali di freschezza e vivacità.

Rientra a pieno titolo tra i viticultori “eroici” per la fatica infusa nel recupero di antichi vitigni, l’Avanà e il Becuet, per il lavoro quotidiano tra i filari svolto esclusivamente a mano, il ripristino di sentieri e di muri a secco a sostegno degli impervi terrazzamenti.

Ogni ettaro di vigneto in montagna richiede un carico di lavoro annuo che può raggiungere le 800 ore, contro le 150 necessarie in pianura.

Tre ettari dove Turbil ha recuperato vigne vecchie di oltre 80 anni; qui la gestione agronomica è rigorosa: niente diserbanti, né prodotti chimici di sintesi. In cantina, la vinificazione è naturale, senza l’aggiunta di solfiti, per preservare l’integrità aromatica delle uve e ottenere vini espressivi del territorio, autentici e salubri. Poche bottiglie per una grande qualità.

La Chimera

Dalla vigna al bicchiere: il risveglio dei rosati e la rinascita di vitigni dimenticati

Cucine d'Italia consiglia