L’invenzione del Bar-a-Huitres

L’ostrica, come tutte le meraviglie che riempiono le nostre tavole e i nostri bicchieri, affonda le sue radici nel mito.

Omero parla nell’Iliade degli Eneti, popolo di abili cavalieri e condottieri di tradizione lagunare che abitavano la Paflagonia, tra i fiumi Partenio, Halys e il mar Nero, e, secondo la mitologia provenivano della popolazione di Atlantide.

Difesero strenuamente dagli attacchi dei greci Troia, la città baluardo della stabilità del Medio Oriente, ma, quando gli equilibri si ruppero dopo la caduta della città, furono costretti a migrare verso ovest per la pressione di agguerrite popolazioni dell’Est. Arrivati alle Alpi, una parte migrò verso il nord-ovest e un’altra entrò nell’Adriatico. In Bretagna ritrovarono le condizioni lagunari nel golfo del Morbihan; nell’Adriatico risalirono fino a Venezia trovando le condizioni lagunari di origine.

Tuttora sull’isola di Mazzorbo a Venezia e a Vannes la Confrèrie des Chevalier de l’Huitre de Bretagne festeggiano nello stesso giorno di primavera le ostriche; indossando i medesimi abiti e monili. Tra i due popoli è stata provata scientificamente l’affinità genotipica, fenotipica e linguistica.

L’ostracismo nell’antica Grecia era un voto che si esprimeva sulla valva di una conchiglia e il lago di Lucrino fu denominato così per il denaro che fece guadagnare a Sergio Orata, l’inventore dell’ostricoltura moderna. Orata infatti fece raccogliere con fascine di lentisco le larve delle giovani ostriche chiudendo il ciclo vitale nel lago: era l’ostrica più ambita alla tavola dei Cesari.

La stessa dea dell’amore, Venere, si scriveva e dipingeva come nata da un’ostrica e quest’aura di prodotto sensuale e afrodisiaco nel Medioevo la portò ad essere principalmente cibo per pescatori. In seguito tornò ad essere immancabile e ricercata sulle tavole dei monarchi e nobili di tutta l’Europa.

Nel 1554 Leonel De Sousa trovò accordi tra la sua flotta portoghese e l’imperatore della Cina a fini di scambi commerciali. Nacque così il protettorato di Macau e, per la prima volta, una flotta europea riuscì a stanziare sulla foce di un fiume estremorientale per lungo tempo e con costanza. Al rientro in patria attaccate al fasciame delle navi c’erano le larve delle ostriche indigene: la Crassostrea Angulata o Portoghese.

Le Crassostree sono attualmente le ostriche più consumate, sono quelle che costituiscono le carte delle ostriche dei più prestigiosi bar-a-huitres d’Europa e sono divise in Fines, Special e Grand Cru. Sono ovipare e depongono 10.000.000 di uova ogni primavera: da questo la facile gestione da parte dell’uomo del ciclo vitale. L’ostrica è infatti un prodotto affidabile ai fini imprenditoriali per prodotti di larga distribuzione o di nicchia. Un’ostrica quattro stagioni di alta qualità è commercializzabile in meno di quattro anni.

Gli Eneti e le altre civiltà del passato avevano la cultura dell’Ostrea Edulis: l’ostrica Piatta nota perlopiù come Belon, dal nome del fiume omonimo a sud della Bretagna dove è nato l’affinamento di queste ostriche in Francia. Sono vivipare e, specialmente nella riproduzione, impossibili da gestire da parte dell’uomo; emettono 100.000 larve a fine inverno. Per il numero e per l’habitat avverso hanno un costo molto elevato. Un’ostrica piatta con un buon tasso di carne ha più di dieci anni.

“Le ostriche del Mar di Marmara – scriveva Plinio – sono già più grosse di quelle di Lucrino, più dolci di quelle della Bretagna, più gustose di quelle di Medoc, più piccanti di quelle di Efeso, più piene di quelle spagnole… più bianche di quelle del Circeo; di quest’ultime è assodato che non ve ne sono di più dolci o più tenere”.

Corrado Tenace

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