La bottarga ha origini molto antiche: il nome bottarga deriva dalla parola araba botarikh, che ha il significato di uova di pesce salate. Ad Orbetello, l’arte di conservare il pesce è stata probabilmente introdotta dagli spagnoli nel XVI secolo, attraverso tecniche di affumicatura che ancora oggi si ritrovano in preparazioni come l’anguilla affumicata. Da queste origini si pensa sia nato l’uso di produrre la bottarga, prima attraverso una produzione familiare, che ora si è lentamente ampliata e diffusa.
La bottarga si prepara estraendo le sacche ovariche del cefalo femmina, asciugandole, ricoprendole con sale grosso e pressandole per fargli assorbire l’acqua nel minor tempo possibile. Il sale è cambiato spesso, e dopo 4/7 giorni il processo di salatura può ritenersi concluso. L’essiccazione avviene attraverso esposizione all’aria durante il giorno, possibilmente in luogo soleggiato e durante la notte la bottarga viene nuovamente sottoposta a pressatura. E’ considerata pronta dopo 15 giorni. Le uova salate si presentano come un blocco consistente di colore ambrato, non asciutto. Il presidio è composto da circa 60 pescatori, riuniti in cooperativa, che possiedono un laboratorio per la lavorazione del pesce, gestiscono un mercato e il ristorante I Pescatori, ricavato nelle vecchie scuderie dell’ottocentesca fortezza spagnola. Tra le loro attività vi è l’allevamento di avanotti di spigola e orata per il ripopolamento, la produzione di bottarga, di filetti affumicati di cefalo e di anguilla.
La bottarga di Orbetello è ottima consumata in fettine sottilissime, insaporita da un velo di olio extravergine di oliva e da un tocco di limone.
Silvia Macedonio
Photo credits: Alimentipedia, Kitchen qb.