Packaging commestibile, discendente della scarpetta

In principio fu la “scarpetta” che nella sua grossolanità ma come gesto semplice e vero evidenziava il gradimento della vivanda consumata della quale nulla andava sprecato, neppure una goccia di condimento!

A distanza di anni si è deciso di dire basta ai piatti da lavare e stoviglie usa e getta! Sono stati creati i contenitori per alimenti commestibili eco-friendly che potrebbero rappresentare un’alternativa interessante per i punti di ristorazione take-away e non solo. Quindi si mangerà non solo il contenuto ma anche il contenitore.

Posate commestibili Spoon

Uno spunto che da qualche tempo stuzzica designer, ingegneri, biologi, studenti ed esperti dei più diversi campi che ruotano intorno al mondo alimentare di tutto il pianeta. Perché il cibo, diciamocela tutta, è uno dei pochi linguaggi universali. Piatti, bicchieri, bottiglie, posate, pellicole protettive, tazzine e altri ausili utili a servirsi e nutrirsi possono essere a loro volta mangiati con una certa soddisfazione. Scientificamente parlando, si tratta di oggetti edibili. Siamo curiosi di vederne sempre di più sulle nostre tavole e nei locali che operano nel food.

L’eat-design in Italia

Uno studente italiano, il giovane Riccardo De Leo, dottorando all’università di Modena e Reggio Emilia, ha vinto un premio per le sue ricerche sulle pellicole protettive edibili, cioè da mangiare insieme alle pietanze. Il premio lo ha ricevuto al congresso della European federation of food science and technology andato in scena a Uppsala, in Svezia. Tutto per la sua tesi di laurea sul film alimentare con cui vengono venduti – e spesso riconfezionati in casa – gli alimenti. Lo studio di De Leo aprirebbe insomma la strada al “Domopak” commestibile. La pellicola 100% biodegradabile da lui ideata risparmierebbe all’ambiente qualcosa come 630mila tonnellate annue. De Leo è in buona compagnia: da qualche anno il settore degli imballaggi e degli strumenti alimentari stimola la fantasia di designer, ingegneri e artisti. Che sfornano di tutto: dalle verrine in fecola di patate ai cucchiai di mais

Invenzioni di Eat-design nel Mondo

Nel 2007 all’interno della società denominata Trentuno s.p.a. nasce il progetto PAPPAMI È sostanzialmente in grado di sostituire il pane, visto che è realizzato con gli stessi ingredienti: invece della rosetta, stacchi uno dei petali preincisi che costituiscono la corolla e accompagni la pietanza col suo stesso contenitore, fino a mangiarlo. Il piatto può essere personalizzato, magari per un certo evento, e contiene per lungo tempo cibi solidi e liquidi fino a 300 cc. PAPPAMI va oltre l’idea del piatto da mangiare. Robusto e adatto a contenere e trasportare vivande, è stato studiato per contenere cibi solidi e liquidi anche per lunghi periodi e può persino essere congelato!

PAPPAMI

Anche la designer Diane Leclair Bisson, in collaborazione con l’italiano Gionatan Lassandro, presidente dell’associazione Fooda, ha proposto contenitori alimentari commestibili. Partendo da un semplice pomodoro, sono riusciti a dare forma a vassoi, ciotole, piatti e cestini davvero originali.

Contenitori commestibili di Diane Leclair Bisson e Gionatan Lassandro

Oppure Wikipearl, lanciata nel 2012 ma premiata lo scorso anno dal Time come una delle 25 invenzioni più importanti del 2014: una pellicola commestibile brevettata dalla startup franco-statunitense WikiFood dietro alla quale si nasconde pure un docente di Harvard, il biologo David Edwards. Per ora la usano per vendere delle palline di gelato o frozen yogurt nelle quali il materiale che tiene compatto il contenuto, e che può sfoderare sapori diversi, gioca un ruolo essenziale.

Wikipearl pellicola per il gelato

Sempre sullo stesso filone si muove Ooho l’acqua senza la bottiglia presentata nel 2014 al Salone del mobile di Milano e ideata da tre studenti di base a Londra: Rodrigo Garcìa Gonzàles, Pierre Paslier e Guillaume Couche. Si tratta di una eco-membrana commestibile fatta di gelatina di alghe marine brune e cloruro di calcio, vincitrice del Lexus Design Award 2014, da inghiottire in un sol boccone per dissetarsi del contenuto oppure da forare con i denti, succhiando parte del liquido all’interno, e sigillare con le labbra.

OohoBottigliettaCommestibileGelatina

Sempre di alghe sono fatti i Jelloware, i bicchieri che si mangiano saltati fuori dalle menti dello studio americano The way we see the world. Il contenitore, anche in questo caso disponibile in vari gusti, è fatto in agar-agar: dopo aver consumato il cocktail, versato non prima di aver estratto i bicchieri dal freezer e averli riscaldati, non rimane che addentarlo.

Jelloware, i bicchieri che si mangiano

Va benissimo anche per vegetariani e vegani visto che già di per sé l’alga in questione, superstar del settore, è utilizzata in quel genere di diete o scelto come sostituto della colla di pesce nella preparazione dei dolci o della pasta di zucchero.

Il Marketing nel settore dell’eat-design

Anche il marketing di alcuni grandi gruppi ha più volte strizzato l’occhio all’accessorio commestibile. Basti pensare ai cucchiaini per il caffè Lindt, ovviamente al cioccolato fondente, le tazzine biscottate Cookie Cup lanciate un paio d’anni fa da Lavazza , l’ormai mitico Finger biscuit di Paolo Ulian per Nutella o gli hamburger avvolti da una pellicola di carta di riso serviti dalla catena brasiliana di fast food Bob’s.

Pellicola per Hamburger fast food brasiliana Bob's

Cookie Cup, la tazzina del caffè tutta da mangiare

Cookie Cup, frutto della collaborazione tra il designer Enrique Sardi, il pasticcere Lello Parisi e la Lavazza, è una tazzina/biscotto da mangiare dopo aver bevuto il proprio espresso al mattino. A quanto pare, la tazzina-biscotto sembra avere tutte le carte o meglio gli ingredienti in regola: l’esterno fatto di pasta frolla (resa più resistente) modellata e cotta in particolari stampi a forma di tazzina. L’interno è rivestito da una speciale glassa di zucchero che funziona da isolante, affinché la tazza sia “antiscolo” e possa sopportare la temperatura del caffè espresso; inoltre il caffè risulta già dolce senza aver bisogno di aggiungere altro zucchero

Helene Hoyois e Thibaut Gilquin, una coppia di designer belga, dopo alcuni tentativi, finalmente sono riusciti a elaborare un concept valido e hanno ideato contenitori realizzati con una combinazione di fecola di patate, acqua e olio. Il materiale così ottenuto è abbastanza resistente per contenere salse e ogni tipo di cibo creando Do Eat. Ogni pezzo è biodegradabile, facilmente digeribile e ha un sapore neutro che completa gli ingredienti dolci e salati. Una volta perfezionati i materiali, i due designer hanno unito i loro risparmi per produrre il primo prototipo. Si è rivelato un successo che ha ricevuto il supporto finanziario di una società chiamata Vallonia.

Uno dei contenitori di Do Eat

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Ora la sede di Do Eat è un ufficio in un edifico a circa 30 chilometri da Bruxelles, con oltre 30 dipendenti. Al momento il progetto riguarda soltanto contenitori per alimenti commestibili (in particolare per il finger food), ma si prevede che presto venga aggiunta una gamma completa di bicchieri, posate e ciotole. Dal Belgio vorrebbero espandere i loro prodotti ad altri Paesi, come la Francia, la Spagna e la Svizzera.

Do Eat food design

I vantaggi dei contenitori commestibili

Pensate che uno sviluppo dei contenitori per alimenti commestibili potrebbe essere utile per ridurre i rifiuti e gli sprechi. Se pensiamo allo spreco di contenitori, posate e accessori in plastica o al consumo di acqua e detersivi per il lavaggio di quelli in materiali d’uso permanente. Se ripensiamo al passato era normale preparare delle zuppe e gustarle utilizzando del pane come piatto, cosa che avviene ancora in varie zone d’Italia e che anche alcuni ristoranti stanno riscoprendo.

Se per migliorare la situazione presente si prendesse esempio dal passato forse i passi avanti nelle ingegnose trovate potrebbero essere d’aiuto al pianeta!

Lavazzatazzinacommestibile

Mariangela Martellotta

Packaging commestibile, discendente della scarpetta

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