Quanta plastica mangiamo ogni giorno? Una minaccia nascosta nel cibo e non solo

Ogni anno vengono prodotte circa 450 milioni di tonnellate di plastica, si stima che nel 2060 la produzione arriverà a 1,2 miliardi. La plastica è, ormai, onnipresente nella vita quotidiana, infatti è il terzo materiale prodotto dall’uomo più diffuso nel mondo, seguito da acciaio e cemento.

Molteplici studi hanno evidenziato, oltre alle ben note conseguenze sull’ambiente, che i livelli di sicurezza per l’uomo, stabiliti dalle autorità preposte statunitensi ed europee, non sono conformati ai recenti studi. Il rischio è molto grande soprattutto considerando la complessità derivante dalla migrazione delle sostanze chimiche: dalla produzione alla trasformazione, dal confezionamento al trasporto.

Quali ripercussioni hanno sul nostro organismo le plastiche di uso alimentare? Secondo Consumer Reports si nascondono negli alimenti di uso quotidiano. In che quantità? E con quali conseguenze? 

Consumer Reports

Consumer Reports, organizzazione indipendente e senza scopo di lucro, nata nel 1936 e impegnata in ricerche imparziali sui prodotti in commercio.

Lo studio condotto da Consumers Reports

La ricerca si è concentrata sulla quantità di bisfenoli e ftalati negli alimenti. Sono stati analizzati due o tre campioni di 85 alimenti confezionati, 67 provenienti da supermercati e 18 da fast food. Includono una varietà di categorie alimentari, come prodotti da forno, bevande, condimenti, frutta e verdura, alimenti per l’infanzia, carne e pesce, latte e altri prodotti lattiero-caseari, oli vegetali e cibi tipici del fast food, confezionati in sacchetti, fogli di alluminio, vaschette, cellophane e varie.

Di 85 prodotti ben 84 sono risultati contaminati.

Pur avendo rilevato i bisfenoli nel 79% dei campioni analizzati, i livelli erano notevolmente più bassi rispetto all’ultima analisi condotta nel 2009. Mentre gli ftalati erano presenti in tutti gli alimenti tranne uno, il seltz Polar al lampone e lime, con livelli molto più elevati di quelli dei bisfenoli. Nonostante non presentassero una quantità superiore ai limiti stabiliti dalle autorità per la sicurezza alimentare degli Stati Uniti (Food and Drug Administration) ed europea (EFSA). 

Si tratta di alimenti di largo consumo, brand conosciuti in tutto il mondo, come Del Monte, Lipton, Coca Cola, Pepsi, Gatorade, Yoplait, e anche di catene di fast food, Burger King, McDonald’s.

Nella replica alcuni marchi, Del Monte, Gerber e McDonald’s, hanno dichiarato di attenersi alle norme vigenti.

Ma secondo lo scienziato che ha supervisionato i test, Tunde Akinleye, “molte di queste soglie non riflettono le attuali conoscenze scientifiche e potrebbero non proteggere da tutti i potenziali effetti sulla salute”. Il professore associato di Scienze della salute ambientale presso la Columbia University Mailman School of Public Health di New York, Ami Zota, che ha studiato i rischi degli ftalati, rincara la dose affermando che la decisione di consentire l’uso di queste sostanze chimiche negli alimenti “non è validata da studi scientifici”. 

È difficile determinare un livello accettabile per queste sostanze chimiche negli alimenti, alla luce del fatto che l’esposizione a queste sostanze proviene da diversi anelli della filiera alimentare, dalla produzione alla trasformazione, dal confezionamento al trasporto, ma anche da altre fonti, come le carte termiche, la polvere, l’acqua, motivo per cui risulta difficile quantificare il limite “sicuro” per ogni singolo alimento. “Più impariamo a conoscere queste sostanze chimiche, compresa la loro diffusione, più appare chiaro che possono danneggiarci anche a livelli molto bassi”, afferma Akinleye.

Che cosa sono i bisfenoli e Ftalati?

Gli ftalati e bisfenoli sono una classe di composti chimici organici derivanti dal petrolio, sono degli additivi. Gli additivi costituiscono una parte essenziale dei materiali plastici e sono presenti in tutte le tipologie di plastica utilizzate per scopi commerciali. Esistono fino a 20 categorie di sostanze diverse che vengono addizionate al polimero, cioè alla plastica, ognuna di queste esplica una funzione specifica, come la colorazione, l’antiossidazione, l’assorbimento dei raggi ultravioletti, l’azione plasticizzante, e così via. 

Per cosa vengono impiegati?

Gli ftalati vengono impiegati come agenti plastificanti per conferire al polimero, nella maggioranza dei casi PVC, flessibilità ed elasticità. 

Bisfenoli, per le loro caratteristiche di trasparenza, resistenza termica e meccanica, sono impiegati nella produzione delle plastiche e resine rigide, come il policarbonato, utilizzato anche per recipienti a uso alimentare come bottiglie, stoviglie e contenitori vari. 

I campi d’applicazione sono i più vari, vanno dal settore automobilistico a quello edilizio, dal comparto della moda a quella dell’arredamento, dall’industria dei prodotti medicali a quella dei giocattoli, oltre che all’industria alimentare. Ciò significa che gli ftalati sono ovunque e che l’esposizione a questi agenti chimici è continuativa, quindi risulta insufficiente e fuorviante stabilire i limiti di un singolo prodotto.

Quali sono i rischi per la salute? 

Numerose ricerche scientifiche hanno dimostrato la pericolosità dell’esposizione agli ftalati e bisfenoli collegandoli all’insorgenza di gravi patologie quali cancro, diabete, pressione alta, problemi di fertilità, menopausa precoce, asma e rischi nel sistema endocrino. 

Gli Ftalati sono degli interferenti endocrini, ovvero, mimando l’azione degli estrogeni, creano squilibri al sistema ormonale, con ripercussioni in un organismo, nella sua discendenza o in un sotto gruppo di popolazione.

La Endocrine Society è stata la prima organizzazione scientifica a prendere pubblicamente posizione su questo argomento, sostenendo che, già nel 2009, vi fossero prove sufficienti per concludere che gli Endocrine-Disrupting Chemical (bisfenolo, ftalati e un’ampia gamma di altri additivi plastici) rappresentassero un rischio per la salute pubblica. Nello studio condotto nel 2015, ha confermato gli studi precedenti e dimostrato, con ulteriori prove, la correlazione tra gli EDC e il cancro, la pubertà precoce nelle ragazze, l’obesità, il diabete, l’infertilità e i disturbi dello sviluppo neurologico. Ha sottolineato, inoltre, i rischi anche in caso di esposizione molto bassa agli EDC e la particolare vulnerabilità dei feti e dei neonati.

Come agire nel quotidiano

Preferire altri materiali come vetro, acciaio, ceramica. Qualora si usasse la plastica, bisogna prestare attenzione a non sottoporla a fonti di calore, a non lavarla con detergenti troppo aggressivi, in quanto l’usura favorisce maggiormente la migrazione degli additivi nei cibi. È consigliabile anche evitare il contatto con alimenti contenenti grassi e oli

Consumer Reports

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