Il Prosciutto crudo rappresenta una realtà a sé stante nella tradizione salumiera veneta e l’allevamento del maiale una delle pratiche contadine più antiche e sentite in tutto il territorio. Ancora oggi, nei mesi invernali, sono dedicate “sagre” al pregiato salume, come in occasione delle feste celebrative di San Tommaso, il 21 dicembre, e di Sant’Antonio Abate, il 17 gennaio.
“Il 25 novembre, giorno di S. Caterina, le Fiere di Montagnana e dei paesi della dorsale Berico-Euganea segnavano l’inizio delle contrattazioni delle cosce, destinate a diventar prosciutti in mano ad alcuni salumieri, i più intraprendenti e capaci, progenitori degli attuali produttori Veneti. Mani esperte le massaggiavano e le cospargevano di sale secondo le regole della scuola Veneta, ancor oggi rigidamente applicate.”
La storia del Prosciutto Veneto Berico-Euganeo
Un tempo, il Prosciutto Veneto Berico-Euganeo era un prodotto destinato per lo più a tavole ricche, giacché i contadini, quando non utilizzavano le cosce nell’impasto dei salami e soppresse, le consegnavano ai salumieri per far cassa o le scambiavano con un nuovo suinetto. Pratica familiare, ma anche affar di stato, visto che di un prosciutto di proverbiale dolcezza si parla anche nelle antiche cronache della Serenissima Repubblica di Venezia, quale prodotto di notevole rilevanza commerciale, e sul portale della basilica di San Marco è raffigurato un bassorilievo che riproduce la macellazione del maiale nel mese di dicembre.
L’usanza di lavorare la carne ai fini della sua conservazione risale, addirittura, alla fine del VI e i primi del V sec. a.C. con l’arrivo dei Celti da cui appresero l’arte di conservare le carni con il sale, successivamente affinata in epoca romana. Dopo l’Unità d’Italia, il prosciutto veneto evolve in prodotto meno salato per contrastare la concorrenza d’oltralpe.
Riconoscimento
Da questa tradizione discende l’odierno Prosciutto Veneto Berico-Euganeo, gratificato nel 1996 del marchio comunitario della Dominazione di Origine Protetta (DOP).
Zona di Produzione
La zona di produzione ha come punti di rilevamento Montagnana, pittoresca cittadina padovana dove in maggio si tiene festa del “Prosciutto Veneto DOP”, e i centri vicentini di Sossano e Lonigo, che godono di un microclima ideale per la stagionatura del salume, grazie alla vicinanza del mare, ma anche dei Monti Berici e dei Colli Euganei.
Consorzio
Proprio nella medievale città murata, Montagnana, si costituisce nel 1971 il Consorzio di Tutela del Prosciutto Veneto Berico-Euganeo, che dopo l’attribuzione della DOP, ha affidato il compito di verifica e controllo sul rispetto del Disciplinare a un’ente autonomo e indipendente, quale l’Istituto Nord Est Qualità, mentre si è riservatoi il ruolo di promotore del Prosciutto Veneto DOP e del suo territorio.
Aspetto e sapore
Il disciplinare descrive un prosciutto “di color rosa tendente al rosso nella parte magra, bianco puro in quella grassa, dall’aroma delicato, dolce e fragrante“, andando poi nel dettaglio delle carni, esse devono provenire tutte da suini di razza Large White, Duroc o Landrace, che devono essere allevati secondo severe norme zootecniche e lavorati seguendo antiche pratiche.
La lavorazione
I suini destinati alla produzione del prosciutto veneto sono sottoposti a uno specifico regime alimentare che conferirà caratteristiche uniche della carne, in termini di aroma, sapore e struttura. Entro i quarantacinque giorni dalla nascita, ai suini viene apposto un timbro a fuoco sulle cosce in cui è indicato l’allevatore, la provincia di provenienza e la data di macellazione.
Passati alla lavorazione, le cosce dei suini vengono selezionate con estrema attenzione durante la fase di rifilatura, in cui si elimina il grasso in eccesso, si controlla la qualità del magro e del grasso, che deve essere bianco e consistente. Nel contempo si verifica la conformità del prodotto e l’assenza di eventuali difetti, quali ecchimosi o ematomi sottocutanei: se questi risultano superiori ai 4 cm, le cosce vengono accantonate e rese al fornitore.
Dopo una prima rifilatura, la coscia fresca viene pesata e poi passata alla prima salatura, con sale marino a granulometria media, senza aggiunta di additivi o conservanti; in questa fase viene controllata la perfetta distribuzione del sale sulla coscia. Successivamente viene portata nella cella di primo sale, al cui interno la temperatura oscilla tra un grado e mezzo e tre e mezzo, con una elevata umidità per permettere lo scioglimento del sale.
Terminata questa fase, il prodotto viene dissalato e massaggiato meccanicamente per eliminare eventuali depositi di sangue, dopodiché si procede alla seconda salatura, al termine della quale si trasferisce nella cella di secondo sale. Trascorse circa due settimane viene nuovamente dissalato ad aria e massaggiato ulteriormente sempre con azione spurgante. Si passa poi alla cella di primo asciugamento o cella di pre-riposo, a ventilazione forzata, dove le cosce verranno appese per 14 giorni con una riduzione di peso del 5 o 6%. Si prosegue con un nuova rifilatura eseguita con il coltello per togliere possibili asperità.
Ultimata questa fase, le cosce vengono trasferite nella celle di riposo dove, a una temperatura variabile tra i 3 e 5 gradi, sosteranno per un periodo non superiore ai 100 giorni. Durante la permanenza la carne si asciugherà, perdendo così il 17 – 18% del suo peso, un operatore la ispezionerà due volte al giorno per verificare che l’asciugatura avvenga in modo uniforme sia nella parte magra sia in quella grassa.
Poi si passerà alla puntatura o spillatura del prosciutto, il più antico e affidabile metodo di controllo della qualità del prodotto. Un esperto operatore inserisce un ago di stinco di cavallo in sei aree stabilite del prosciutto per determinarne la consistenza e valuare i pregi aromatici ed eventuali difetti che ne comprometterebbero la vendita.
Nella fase di stuccatura si distribuisce si distribuisce omogeneamente sulla parte magra della carne un impasto di sugna, grasso di maiale e farina di riso, in modo da arrestare il processo di disidratazione. Questa procedura viene effettuata a mano a sette mesi circa dal suo ingresso nello stabilimento. Trascorsi quindi tredici-quindici mesi nella sala stagionatura, quando arriverà sul banco della salumeria il colore risulterà uniforme nella parte interna e esterna. Termina la lavorazione un’ultima stuccatura.
Marinella Fagaraz, presidente dell’Accademia Italiana della Cucina Mediterranea