Ron Zacapa e cucina marchigiana: la piacevole sorpresa dell’insolito

Il felice matrimonio tra la cucina di Rosaria Morganti ed i Ron Zacapa sembra essere un omaggio a quella cultura di “contaminazione” che ha sempre imperato nella patria del ristorante “I due cigni” di Montecosaro. Ed infatti, se il termine Marche, letteralmente “terra di confine”, rimanda all’avvicendarsi di variegati influssi e native potenzialità, la serata dedicata al Ron Zacapa è la riprova della innata indole di chi abita queste Terre ad aprirsi a stimoli multiculturali.

Il menù di Rosaria stravolge e reinterpreta i canoni dei tradizionali abbinamenti, per regalare agli ospiti una nuova e differente emozione. Un’emozione fatta non solo di una tradizione di territorio – cui il ristorante non rinuncia – ma anche e soprattutto di passione della chef.

Abbandonati gli studi di medicina, Rosaria comprende infatti che la vita tra i fornelli sarebbe per lei divenuta un mondo nel quale perdersi, facendosi guidare dal desiderio di ricerca, studio e affinamento della tecnica. Fondamentale la formazione presso la scuola del Cordon Bleu a Roma, nonché le numerose specializzazioni che, portandola a diretto contatto con protagonisti internazionali, le hanno permesso di condensare, nei suoi piatti, terroir e innovazione.

La sua mano realizza preparazioni rigorose e trasmette suggestioni; sembra quasi di gustare lo spaccato di una regione in cui paesaggio, storia, sapere e maestria si sono da sempre fusi e confrontati in armonia. La stessa che si ritrova nelle ricette, capaci di ”domare” il carattere spesso dominante delle consuetudini e delle “importanti” materie prime della Marca.

Si comprende, allora, il motivo per il quale il ristorante “I due cigni” non poteva non essere tappa obbligata del Tour “Il Rum è servito”, l’iniziativa promossa dal Gambero Rosso e Zacapa con l’obiettivo di diffondere un’immagine alternativa del buon bere e del buon mangiare. E l’eclettica Rosaria pare racchiudere, nella sua personalità, gli ingredienti necessari ad una ricetta di successo, che vede accostate le prelibatezze del menu a tre etichette del noto brand di distillati.

La serata, dunque, si muove lungo il labile confine di una cucina di scoperta e riscoperta, una cucina alla quale i ben studiati abbinamenti sembrano inchinarsi, una cucina che, piatto dopo piatto, svela sia agli avventori sia ai “locali” le origini di ricette antiche. Ogni portata diviene, pertanto, la quintessenza di una cultura, il riflesso dell’animo esuberante di Rosaria, lo specchio del suo amore verso la “terra natia”, l’emblema di un’indole pronta ad accettare nuove sfide. Ed ecco allora arrivare in tavola creazioni che, lungi dall’essere un autocompiacimento dell’abusato concetto del chilometro zero, sono piuttosto la rilettura, in chiave moderna, delle pagine di ricettari di illustri interpreti.

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Materie prime di indiscussa qualità diventano le protagoniste di un menù che profuma di saperi e, benché intriso di storia, appare dinamico e d’avanguardia grazie alla passione di Rosaria. Ma è l’evoluzione della stessa passione a trasformarsi nella continua ricerca di un equilibrio tra consolidata tradizione e desiderio di aprirsi – quel q.b. che serve – alle tendenze, alle innovative tecniche di preparazione e al resto del mondo. E a testimoniarlo, il percorso della serata, articolato piacevolmente tra etichette Zacapa ed i piatti del ristorante…un viaggio tra due universi, la possibilità di vivere contemporaneamente in due mondi: il Guatemala e le Marche assai care a Rosaria.

Gli abbinamenti, più o meno riusciti, confermano la cura nella preparazione e nell’elaborazione di una serata che, nel complesso, si snoda senza sbavature: l’atmosfera conviviale, la simpatia di Rossella e la bontà dei prodotti sono complici di quei peccati di gola alla cui tentazione è facile cedere. E la calda avvolgenza dei distillati – bevuti con moderazione – fa vivere un’esperienza peculiare, che è difficile sintetizzare in uno scritto. Forse perché colpisce il connubio tra l’italianità delle portate e la “distanza” dei rum, forse perché ad ogni accostamento la mente sembra prefigurarsi vigne ed oliveti, ovvero le nuvole che lambiscono le alte cime – imponenti nei loro 2300 metri – ove riposa il rum…o forse perché si è colti dallo stupore fanciullesco nell’accorgersi di come la dedizione di chi vive per la cucina e di chi persevera nel tutelare l’immagine del rum agricolo, possano sempre lasciare, al termine di un pasto, quel qualcosa che va oltre la mera degustazione.

Tutti i rum presentati, dallo Zacapa Gran Reserva 33 YO (morbido nel suo corredo di spezie dolci), allo Zacapa Gran Reserva 23 YO Etiqueta Negra (più austero ed intenso, con profumi di frutta secca e disidratata),  sino allo Zacapa Gran Reserva X.O. (un distillato quasi da meditazione, con note di tabacco, cannella e caramello), portano la firma – di eleganza e pulizia di stile – del Brand. Così come ogni piatto reca l’autografo di Rosaria: dalle mazzancolle scottate su crema di castagne, con scaglie di spalletta stagionata scaldata al profumo di capperi, ai panzerotti di coda di manzo in brodo affumicato su crema di borlotti; dal maialino bio al finocchietto selvatico, al dolce ispirato allo zafferano dei Monti Sibillini, si intuisce la bravura della chef nello “smussare” gli eccessi della cucina marchigiana.

Al termine della serata, si fa strada il desiderio di tornare a breve in quel di Montecosaro per scoprire le nuove “sperimentazioni” della dinamica Rosaria.

Photo credits

Manuela Mancino

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