Street food, viaggio nelle viscere culinarpopolari.

Food design come esperienza del gusto e cultura del territorio.

Global Street Food

Il cibo comprato ad un chiosco o a una bancarella è spesso lo strumento più rapido e saporito per conoscere un paese.

L‘esperienza del cibo di strada può diventare un tassello importante nell’ambito di un viaggio alla scoperta del territorio italiano. Si può fare una panoramica di alcune delle mete più interessanti della penisola attraverso lo street food del luogo, per concedersi l’occasione di “mangiare il territorio”, oltre che nei ristoranti e le trattorie tipiche, anche presso bancarelle e rivendite sulla strada, magari come breve sosta tra un museo e una visita alle bellezze artistiche locali.

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Dall’antica Roma al Medioevo fino ad arrivare allEtà Moderna le classi popolari della città vivevano per gran parte del loro tempo in strada, comprando il cibo per i loro pasti nelle botteghe o dai venditori ambulanti. Oggi la globalizzazione delle abitudini alimentari, che ha causato il dilagare dei fast-food e del cibo standardizzato, rischia di far perdere il senso del cibo di strada legato alla tradizione del territorio e in grado di raccontare la cultura di una comunità. A Trieste, delle bivalve molto apprezzate erano i “mussoli de scoio”, simili alle ostriche ma più piccoli e di forma allungata,  pescati lungo il litorale costiero roccioso di Trieste, con un attrezzo  specifico “ il mussoler”, rastrello metallico munito di sacco terminale in rete. La pesca manuale li rende molto più costosi che se fossero pescati a strascico, ma ha il vantaggio di essere altamente selettiva, ecosostenibile e qualitativa. Difficilmente si trovano in altre parti d’Italia, ed sono una vera prelibatezza . Un tempo erano venduti nelle bancherelle, le mussolere, ovvero le baracche simili a quelle dei caldarrostai. agli angoli meno ventosi della città, erano messi in grandi pentoloni a schiudersi sopra a un fornello a carbone. Questi cibi venivano serviti bollenti in ciotole, ed il loro calore era per le mani un deterrente ai “refoli” della bora invernale.

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Diverse iniziative e progetti sono nati negli ultimi anni per salvaguardare questo patrimonio di storia e sapori: il libro “Cibi di Strada”, pubblicato nel 2008 da Stanislao Porzio (Guido Tommasi editore) come diario di viaggio nell’Italia del Nord, Toscana, Umbria e Marchee che dovrebbe uscire con in una nuova edizione dedicata al resto della penisola; la nascita dell’associazione culturale Streetfood (www.streetfood.it) nata con l’intento di promuovere la conoscenza di piatti storici del cibo di strada, di chi li produce e li vende; ilFestival Internazionale del CibodiStrada organizzato ogni due anni a Cesena; l’area Street Food all’interno del Salone del Gusto di Torino e supportata dall’associazione Slow Food; nell’ambito del Food Design interessante è stato il progetto dei TourDeFork: Street Food Manifesto presso RADIO.

streetfoodAttraverso un allestimento/ricerca in costante evoluzione, con la partnership del magazine Essen Tastee di RADIO, hanno affrontato la spinosa questione della tassonomia del cibo di strada. Nel primo incontro, hanno esposto una decina di prodotti ideati e realizzati secondo le linee guida dello Street Food Manifesto: FORMA, IMBALLO, IDENTITA’, MOBILITA’, REALIZZAZIONE.

Un manifesto, provocatorio, necessario a classificare caratteristiche produttive, di distribuzione e fruizione degli alimenti “street”.

Anche l’aperitivo è stato ideato e realizzato prendendo ispirazione dal mood ”Non Cosa Ma Come“.
Infatti i Tortellini in Brodo da Passeggio, erano la classica ricetta dei tortellini in brodo ma destrutturati in sacchetti di plastica sottovuoto: da una parte lo spiedino di tortellini, dall’altra il brodo tiepido con cannuccia.

Sara Costantini

Street food, viaggio nelle viscere culinarpopolari.

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