Un patrimonio vitivinicolo da tutelare: la Tintilia, un vitigno autoctono che rappresenta l’orgoglio del Molise, dalla storia complessa e dal futuro promettente. Grazie alla passione e all’impegno di viticoltori come Claudio Cipressi, questo vitigno è stato salvato dall’oblio e diventato protagonista della scena internazionale.
La Tintilia, vitigno autoctono a bacca nera coltivato solo nel Molise, ha visto chiarire la propria identità genetica dopo anni di indagini. Fino agli inizi degli anni ’90, erroneamente associata al biotipo del Bovale Grande (o Carignan), vitigno di origine spagnola, e del Bovale Sardo, si è distinta come cultivar unica e peculiare, grazie a una ricerca genetica condotta dall’Università degli Studi del Molise sul territorio regionale.
Le analisi del DNA hanno evidenziato che la Tintilia del Molise presenta un profilo genetico distintivo rispetto ad altre varietà, tra cui Aglianico, uve tintore, e diverse cultivar spagnole come Muristell, Morastell e la stessa Tintilla de Rota. Inoltre, i cloni di Tintilia campionati in Molise si sono dimostrati geneticamente omogenei, confermando l’unicità di questa varietà, un vitigno autoctono che rappresenta un patrimonio inestimabile per il Molise.
Difatti, nel gennaio 2003, viene iscritta ufficialmente al Registro Nazionale varietà di vite da vino come varietà autorizzata per il solo Molise.
Fabio Pilla dell’Università del Molise, coautore della ricerca, ha concluso che «pur rimanendo ancora plausibile la sua origine iberica (non tutte le cultivar spagnole sono state analizzate), la cultivar originale potrebbe essersi persa o la Tintilia aver subito qualche mutazione e essersi diversificata dalla supposta madre spagnola».
Si ipotizza, quindi, che provenga dalla regione di Rota in Andalusia, introdotto in Molise probabilmente nel XVIII secolo, e si sia adattato al nuovo terroir attraverso mutazioni spontanee o incroci naturali, sviluppando caratteristiche uniche che lo abbiano portato a differenziarsi dalla varietà originaria e da quelle presenti nelle regioni limitrofe.
Tuttavia, le domande sulle sue origini e la sua evoluzione rimangono aperte. Per rispondere saranno necessarie ricerche genetiche più approfondite, che coinvolgano un numero maggiore di accessioni e utilizzino marcatori molecolari più informativi.
La DOC Tintilia del Molise è stata una delle ultime denominazioni ad essere riconosciute nella regione, ottenendo l’approvazione alla fine del 2011. Questo riconoscimento è arrivato quasi tre decenni dopo l’istituzione delle prime due DOC molisane, portando così a un totale di quattro denominazioni di origine controllata nella regione.
Il disciplinare della DOC Tintilia del Molise impone rigorosi standard qualitativi, richiedendo almeno il 95% di uve Tintilia da vigneti posti a oltre 200 metri s.l.m. e allevati con sistemi Guyot o cordone speronato. Le rese sono limitate e i parametri rigorosi.
Una spiccata e inconfondibile speziatura è la peculiarità del suo vino. Tra le caratteristiche del vitigno, degne di nota, sono il grappolo piccolo e spargolo, l’acino piccolo e pruinoso, molto dolce, e la maturazione tardiva, tra la fine di settembre e i principi di ottobre. Resistente alle infezioni fungine e alle rigide temperature montane.
Grazie alla sua rusticità e adattabilità ai climi rigidi, la Tintilia ha trovato nel Molise un habitat ideale, diffondendosi anche nelle zone più interne. Oggi, questo vitigno è alla base di vini rossi di grande struttura e complessità, molto apprezzati sul territorio nazionale e oltralpe. Per lungo tempo, questa uva è stata coltivata principalmente per la produzione di vini da taglio, rischiando di scomparire a causa delle sua bassa resa. Infatti, subito dopo la guerra, si assistette a un progressivo espianto e sostituzione della Tintilia a favore di vitigni alloctoni più produttivi e adatti a soddisfare le esigenze di un mercato in continua espansione.
Varietà come Sangiovese, Cabernet, Merlot, Montepulciano e Aglianico presero il sopravvento, relegando la Tintilia a un ruolo marginale. Solo recentemente, grazie alla passione e all’impegno di alcuni viticoltori lungimiranti, che ne hanno riconosciuto le straordinarie potenzialità, la Tintilia è stata salvata dall’estinzione e le è stata restituita la dignità.
Claudio Cipressi
Il recupero della Tintilia è legato alla persona di Claudio Cipressi che è stato, e continua a essere, il pioniere indiscusso della riscoperta e valorizzazione dei vitigni autoctoni e punto di riferimento per la viticoltura molisana.
Forte della sua profonda conoscenza del territorio, maturata come commerciante di cereali, negli anni ’90 ha intrapreso un’approfondita ricerca sul patrimonio viticolo locale, affiancato dalla competenza e dalla passione dell’agronomo Michele Tanno, esperto di frutti, grani antichi e di uve rare.
Claudio Cipressi va alla ricerca della Tintilia su tutto il territorio molisano e individua piccoli vigneti coltivati ad alberello. Ne isola i biotipi più interessanti, li seleziona e intraprende delle microvinificazioni in proprio, delineando gradualmente il profilo unico di questo vitigno, in grado di esprimere l’anima del terroir molisano.
Nonostante le difficoltà iniziali, legate alla bassa resa (circa 35/40 q.li uva per ha) e alla mancanza di riconoscimenti ufficiali, Cipressi, nel 1996, mette a dimora i primi nuovi vigneti. Intraprende collaborazioni con l’Università e con la Regione per gli studi di genetica e di zonazione, e avvia le pratiche per l’iscrizione della Tintilia nel Registro Nazionale. Un iter burocratico lungo e complesso che culmina nel gennaio 2003 con il riconoscimento ufficiale.
Nello stesso anno, in collaborazione con altri soci, vengono avviati i lavori di costruzione di una cantina di vinificazione, culminando nel 2005 con le prime etichette e i primi riconoscimenti.
A distanza di un lustro, forte della sua esperienza, crea la sua azienda agricola a San Felice. Località conosciuta anche con il nome di Sti Filič, enclave, per l’appunto, della minoranza etnico-linguistica di origine croata, la cui presenza è testimoniata dagli sbarchi sulle coste abruzzesi e molisane di profughi croati in fuga dall’invasione Ottomana.
A 548 metri sul livello del mare, nell’ameno colle, Cipressi coltiva nei suoi 15 ettari vitati, prevalentemente su terreni calcareo argillosi, piante autoctone. Dominano i vigneti di Tintilia del Molise, circa 12 ettari, affiancati da piccole parcelle di Montepulciano, Falanghina e Trebbiano. La vicinanza al mare, con le sue brezze rinfrescanti, contribuisce a creare un microclima ideale per queste varietà.
Una produzione, tra le 35 mila e le 50 mila bottiglie, con una dozzina di referenze tra cui 2 spumanti, un vino passito e una grappa di Tintilia, afferente agli spumanti fruttati, ai rossi longevi e strutturati, fino al passito e alla grappa di Tintilia. L’azienda, certificata biologica sia per la vigna che per la cantina dal 2014, si dedica a una viticoltura rispettosa dell’ambiente e delle tradizioni.
La selezione delle uve è un’operazione quasi maniacale: solo grappoli sani e di altissima qualità, scelti a mano uno a uno, arrivano in cantina. Qui, Cipressi adotta processi di vinificazione tradizionali, lavorando a basse temperature e utilizzando botti di legno per affinare i vini senza alterarne la naturale complessità. Il risultato? Vini che rispecchiano fedelmente il terroir e il vitigno d’origine.
Il “Macchiarossa” ha rivelato lo straordinario potenziale della Tintilia, un profilo gustativo complesso e una capacità di invecchiamento che la pone sullo stesso piano di vitigni come l’Aglianico.
La Tintilia 66, un gioiello enologico del Molise, rappresenta una delle espressioni più autentiche del Tintilia in purezza. Dal colore rosso rubino intenso e brillanti riflessi granati, viene affinato in legno per ben 36 mesi e 6 mesi in bottiglia, acquisendo una complessità aromatica che spazia dalle note balsamiche e speziate fino a sfumature di amarena e frutti di bosco. Al palato, si rivela morbido, rotondo e avvolgente, con un corpo pieno. La sua versatilità lo rende perfetto per accompagnare carni rosse alla brace, formaggi di media stagionatura, o essere gustato come vino da meditazione.