Unbranding : il nome proprio si fa marca

Le etichette vanno bene per le lattine, non per le persone

— Andy Warhol

Dopo anni in cui le pubblicità hanno bombardato di marchi di ogni genere ecco che ora questi spariscono. Tolto il nome del prodotto perché non più necessario al fine dell’ acquisto, al suo posto si vedono comparire tutti i nomi possibili…. Forse Andy Warhol lo aveva profetizzato con la sua frase? (visto che il senso di “etichetta” pare interpretabile come molti altri slogan dell’artista).

È il fenomeno dell’unbranding misto alla personalizzazione: originariamente adottata dai nobili perunbranding 02 rivendicare la loro appartenenza ad una classe sociale superiore e successivamente ripresa da parte dei borghesi abbienti per evidenziare il loro status agiato, l’apposizione del proprio nome per esteso o delle proprie iniziali, progressivamente è diventata una tecnica di marketing, e basta. Ne abbiamo avuto alcuni esempi con prodotti facenti parte del settore della moda: in principio fu la camicia da uomo con le iniziali ricamate; poi, negli anni ’60, toccò alle tazze per la prima colazione con il nome regalate da Ovomaltina (vedi l’immagine in evidenza nell’articolo) ; nel 1999, vennero le scarpe da tennis Nike auto-prodotte e, soprattutto, auto-firmate grazie al sistema Individually Designed (ID).

Si discosta anche nella forma, invece, l'iniziativa Nike Individually Designed.  Lanciato nel lontano 1999, il servizio propone agli estimatori dello "swoosh" di scegliere colore e stampe di alcuni modelli selezionati di sneaker e accessori.
Si discosta anche nella forma, invece, l’iniziativa Nike Individually Designed. Lanciato nel lontano 1999, il servizio propone agli estimatori dello “swoosh” di scegliere colore e stampe di alcuni modelli selezionati di sneaker e accessori.

Il marchio si spoglia del proprio nome per creare un legame vincente con l’ acquirente, che si vede riconosciuto un posto da protagonista sul proprio prodotto preferito – per adesso quelli alimentari, poi si vedrà … -. Così inizia la caccia alla “propria lattina” e al “proprio vasetto” tra gli scaffali del supermercato, possibilmente con smartphone alla mano

unbranding 01

Prima la Coca Cola poi la Nutella, o viceversa se si fa riferimento ad altri episodi di tentato unbranding – poco importa chi detenga il primato dell’idea –  ciò che è certo è che impazza la moda per la lattina o il vasetto col proprio nome. Una vincente trovata pubblicitaria che punta sulla personalizzazione dei prodotti per creare una forma di empatia a cui consegue la fidelizzazione del cliente. Chi non riconoscerebbe una lattina di Coca Cola o un vasetto di Nutella solo perché non vi è scritto sopra? Ovviamente non cambiano colori, font, e packaging entrati ormai nell’uso comune che non lasciano spazio a dubbi.

È recente la diatriba che ha interessato l’ultima campagna di Nutella, nata a detta di molti dalle ceneri ancora bollenti del marketing cooperativo di “Share a Coke”. Nutella, in  parte, è stata colpevole di aver lanciato la sua campagna, già avviata con successo in Spagna, Francia e Belgio, in un momento in cui il trend legato alla personalizzazione del prodotto sembra essere al suo apice.
È recente la diatriba che ha interessato l’ultima campagna di Nutella, nata a detta di molti dalle ceneri ancora bollenti del marketing cooperativo di “Share a Coke”. Nutella, in parte, è stata colpevole di aver lanciato la sua campagna, già avviata con successo in Spagna, Francia e Belgio, in un momento in cui il trend legato alla personalizzazione del prodotto sembra essere al suo apice.

Una strategia di marketing misto ad un design semplice ma sorprendentemente incisivo che avvicina chi ama il brand e i suoi prodotti. Nutella nel 1994 aveva già lanciato una versione simile all’attuale campagna mettendo in vendita alcuni barattoli di vetro con nomi di persona stampati sull’etichetta ma a far la differenza oggi c’è il potente mondo dei social-network che amplifica tutto.

Ognuno così ha i suoi cinque minuti di celebrità, sentendosi protagonista perché sa di poterlo avere venendo condiviso, retweettato e così via. Prende piede così una sorta di marketing collaborativo che fa giocoforza sui social network e riesce così a richiamare soprattutto il pubblico più giovane e più difficilmente raggiungibile con le pubblicità tradizionali.

Mariangela Martellotta

Unbranding : il nome proprio si fa marca

Cucine d'Italia consiglia