Val d’Orcia, capitolo secondo

…Carpe diem…un motto che in Val d’Orcia, rieccheggiato dalle dolci colline tra filari e oliveti, diventerà presto la parola chiave del vostro weekend. Se finora avete assaggiato pillole di enografia toscana, raggiungendo il panoramico borgo di San Quirico verrete accolti, presso l’omonimo birrificio, da un generoso calice di birra. I proprietari, animati dal noto amor proprio dei Toscani – che talvolta sconfina in un velato campanilismo – hanno puntato alla realizzazione di una birra espressione piena della Val d’Orcia. Una sfida, forse, in un lembo d’Italia rinomato per una radicata vocazione vitivinicola di comprovato tenore qualitativo. Eppure, all’ombra di una distesa quasi ininterrotta di vigneti, nascono la “Iris” e la “Giulitta”, lusinghiere sin dal primo sorso. Gemelle diverse – colore giallo dorato e accenni floreali e di frutta a polpa gialla per la prima, sfumature ambrate con profumi di datteri e frutta secca per la seconda – figlie della stessa “madre Terra toscana”; diversi stili (Blond Ale la Iris, English Pale Ale la Giulitta), diverse maltazioni, una sola mano…per una nuova interpretazione delle materie prime rigorosamente a chilometro zero.

Una volta degustate presso la suggestiva sede del birrificio in pieno centro storico, dedicatevi alla scoperta dei vicoli di San Quirico e della sua ricca storia: Palazzo Chigi (eretto da Carlo Fontana), il duecentesco ospedale di S. Maria della Scala, la splendida collegiata dei Santi Quirico e Giulitta con un grandioso portale romanico e figure zoomorfe, ed infine gli Horti Leonini, un mirabile esempio di giardino all’italiana del XVI secolo.

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Anche gli amanti della natura troveranno un’oasi di relax in questa valle, sintesi straordinaria di alture, pievi e cipressi, dichiarata patrimonio dell’Umanità nel 2004 per premiare lo stato di eccellente conservazione del suo territorio. Specie durante la bella stagione, il cosiddetto “treno Natura” vi guiderà tra i tortuosi sentieri, tra architettura naturale e opera della sapiente mano dell’uomo; vi perderete nei mille colori, dal verde intenso della primavera al rosso dei papaveri di inizio estate, tra casolari isolati in pietra e cipressi solitari, tra fiumi e canali alle pendici del Monte Amiata, la cui sagoma in lontananza sembra ergersi a difesa del “suo” territoir. Ed ancora, verso Castiglione d’Orcia, potrete visitare l’abbazia di Sant’Antimo (esemplare espressione del romanico); verso Pienza, invece, merita una sosta la cappella di Santa Maria della Vitaletta che si staglia, con la sua facciata di travertino bianco, sui toni caldi delle crete senesi.

Chi vuole immergersi nel paesaggio lunare creato dall’argilla, perdendosi nei calanchi e abbandonandosi ad una quiete surreale troverà facilmente “rifugio” presso l’agriturismo La Foce, dove charme, storia e una cornice di eccellenza accolgono l’avventore con particolare attenzione. A pochi chilometri dai centri medievali e rinascimentali insiste questa struttura ricettiva di rilievo, sorta come centro etrusco e poi divenuta nei secoli un punto di ristoro per pellegrini e passanti.

La struttura originaria viene impreziosita ad inizi Novecento dall’architetto britannico Pinset, artefice dello spettacolare giardino in cui tradizioni italiane ed inglesi si fondono per offrire una terrazza panoramica, un punto di osservazione privilegiato dell’intera Val d’Orcia.

È davvero arduo trasmettere il fascino di questa terra attraverso le suggestioni di un breve diario…

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…Sia in estate quando domina il giallo dei girasoli ed il profumo del grano appena tagliato, sia in primavera quando i colli si colorano di un verde brillante che in autunno cede il posto ai toni arancio-rossi della vendemmia, troverete in Val d’Orcia un angolo di paradiso. Paradiso anche per golosi che qui non faticano di certo a cedere alle lusinghe del loro vizio capitale, tra il miele, sintesi dei profumi della vegetazione locale (acacia, castagno, abete), lo zafferano, il tartufo, insaccati di cinta senese…

Non resta altro se non partire alla scoperta di una antica terra di passaggio, di un melting pot di culture che a distanza di secoli emerge ancora dalle viscere di questo crocevia di popoli e tradizioni.

Manuela Mancino

Val d’Orcia, capitolo secondo

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