Wine Passion: gli scenari del vino in Cina

Wine Passion: gli scenari del vino in Cina

Una crescita del 17,2% rispetto al 2017: nei primi 5 mesi del 2018, l’Italia ha esportato vino in Cina per 60,9 milioni di euro, un risultato che porta il gigante asiatico ad avvicinarsi alla top ten delle destinazioni mondiali del vino italiano.

A sostenerlo i dati Eurostat, rilanciati dell’Ice di Pechino, destinati a crescere ulteriormente grazie a iniziative come “Italian Wine: Taste the Passion“, la nuova campagna di promozione del vino italiano condotta proprio dall’agenzia Ice e lanciata a inizio settembre.

L’iniziativa, della durata di un biennio, organizzata in collaborazione con il Ministero dello Sviluppo Economico e l’Ambasciata Italiana in Cina, e le principali organizzazioni di filiera, come Unione Italiana Vini, Federvini e Federdoc, si concentrerà principalmente sulla comunicazione digitale attraverso un impiego mirato delle principali piattaforme social cinesi, delle tv online, di maxischermi nelle città, nonché tramite la rete di contatti di selezionati key opinion leaders cinesi.

Vino in Cina

Nell’ambito della presentazione di Taste the Passion sono stati ricordati i risultati delle esportazioni di vino in Cina dello scorso anno: in particolare l’Italia, la cui quota di mercato è passata dal 4 al 7%, presenta ampi margini ancora tutti da sfruttare. Il mercato cinese del vino, infatti, continua a presentare enormi potenzialità per il settore enologico del Belpaese, che, nonostante i dati incoraggianti e i consumi in costante crescita, non riesce ancora a produrre risultati soddisfacenti in termini di fatturato.

Vino in Cina

In quest’ottica aiutano a far luce sulla questione le parole di Sandro Boscaini, Presidente di Federvini.

Vino in Cina

«Per il vino italiano ci sono dei mercati che sono dei must: gli italiani sono primi per valore negli Stati Uniti, primi per quantità in Germania, molto forti in Inghilterra, Canada, Svizzera. – spiega Boscaini – E se ci pensiamo bene che mercati sono? Sono quelli dove il vino è stato introdotto negli anni dai nostri migranti ed è stato poi proposto in pubblico dalla ristorazione italiana in seguito. Ora che il vino è davvero “globalizzato”, però, noi dobbiamo veramente insistere per dire che non abbiamo nulla da invidiare ai nostri cugini francesi, i nostri vini sono di grandissima qualità abbiamo una varietà che nessun altro Paese si sogna, inclusa la Francia dobbiamo essere capaci e, come produttori, avere la volontà di esplorare mercati secondari che stanno diventando importanti e primari come la Scandinavia che è un ultimo arrivato nel vino e oggi cavalca bene il settore».

Vino in Cina

E, allargando il discorso al mercato cinese, rivela quanto ancora sia ostico per l’export del vino italiano.

«La Cina per noi è un osso duro perché lì manca la cognizione che l’Italia sia il Paese del vino – osserva il presidente di Federvini – la Francia è stata molto aggressiva e ha conquistato il mercato, noi non abbiamo mai fatto una promozione istituzionale forte in un Paese che conosce l’Italia per il fashion, per cui il vino resta secondario e purtroppo abbiamo una posizione che non è degna dell’Italia: siamo al quinto posto con fatturati imbarazzanti. Tuttavia una mano può arrivare dal turismo: i cinesi vengono sempre di più, il settore pubblico si presenta e fa qualche manifestazione. Tutta questa coralità di voci può far sì che anche un mercato enorme come la Cina possa aprirsi al vino italiano di qualità».

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