Il caffè si racconta: storia, usi e tradizioni

Il caffè si racconta: storia, usi e tradizioni

A riempire una stanza basta una caffettiera sul fuoco. (Erri De Luca)

Il caffè, compagno fedele delle sveglie mattutine, amico delle nottate passate sui libri, collega delle pause. Il tempo di un caffè è veloce, un batter di ciglia, il tempo di sorseggiare la bevanda nera e scambiare due chiacchiere, il tempo di banalità e risate.

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È un legame antico quello tra caffè e socialità: fin dal 1700, alcune botteghe assunsero caratteri particolari che le hanno fatte brillare per l’affinità con le accademie letterarie e politiche. Gli intellettuali si ritrovavano davanti una tazza di caffè a scambiare idee e opinioni e le botteghe ne diventavano la cassa di risonanza.

Oggi non è più questione d’élite, sorseggiare un caffè diventa un momento franco tra il pubblico e il privato, un luogo d’incontro informale in cui prendersi una meritata pausa dalla frenesia del mondo. Portata la tazzina alle labbra, per quei pochi secondi, il chiacchiericcio si spegne e il gusto amaro che invade il palato è il relax perfetto per ricaricarsi e tornare alla lotta quotidiana.

Il Belpaese è terra di caffeinomani, ma il caffè non è nato in Italia nonostante ne abbia acquisito di diritto la cittadinanza. È d’origine araba la qahwa, una bevanda estratta da alcuni semi che provocava effetti stimolanti ed eccitanti sugli esseri umani.
Molte sono le leggende sulla bevanda nera, la più popolare riguarda un pastorello di nome Kaldi, le sue pecore mangiando i semi di una pianta sconosciuta restavano vivaci anche di notte: i monaci del monastero Chehodet nello Yemen, notarono questa particolarità e provarono a bollire le bacche ottenendo una bevanda che li aiutò a restare svegli per pregare più a lungo.

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Espresso, macchiato, ristretto, cappuccino, mocha, americano, quale che sia il caffè prediletto, pochi sono immuni al suo gusto deciso. Eppure – come il cacao – non venne apprezzato immediatamente in Europa. Agli inizi del Seicento, le bacche ricche di olii venivano polverizzate e mischiate al grasso per impasti curativi. Una medicina davvero amara. Successivamente i chicchi macinati vennero miscelati al vino per ottenere una bevanda densa e inebriante. Solo un secolo più tardi, si diffuse la tecnica araba d’infusione.

Paese che vai, caffè che trovi. Nel Medio Oriente si prepara nel cezve, un bricco in rame e ottone con un lungo manico. Per ottenere un ottimo caffè alla turca è consigliato macinare finemente i chicchi per ottenere una polvere tanto fine da avere la consistenza dello zucchero a velo.  Si fa bollire l’acqua con il caffè per due volte e si serve senza filtrarlo. Secondo un antico detto arabo il caffè deve essere caldo come l’inferno, nero come la notte e dolce come l’amore.

 
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Negli Stati Uniti e in Nord Europa preferiscono il caffè filtrato. La macinatura è fondamentale: dev’essere media per avere il giusto gusto.
L’Italia storce il naso consapevole del gusto pieno e avvolgente del proprio caffè. È nell’espresso il vero piacere della caffeina, preparato e gustato al momento, racchiude le note dell’aroma amaro e ne esalta il gusto in un unico sorso.

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A Napoli, la preparazione del caffè è un rito. La cuccumella –la tipica caffettiera napoletana- viene inventata nella cittadina, a partire dalla prima caffettiera a filtro costruita nel 1691 da Du Belloy.

In città l’uso del caffè si diffonde grazie a un libretto del gastronomo Pietro Corrado contenente una filastrocca in difesa del caffè, presentato come bevanda dell’ospitalità, dell’amicizia e del buon augurio.

Il caffè, arabico o robusto, è la bevanda più consumata al mondo con i suoi 4.404 kg pro capite all’anno. In Italia il fatturato annuo è di 2400 milioni, 700 le aziende che si occupano di caffè e più di 70 milioni di tazzine consumate al giorno. Nel mondo è un mercato da 30 miliardi di dollari.

Le curiosità sul caffè sono molte. Ci sono almeno mille composti chimici nel caffè. Alcuni sono continua fonte di scoperta per la scienza e potrebbero essere usati in futuro per curare malattie cardiache e, seppur incredibile, l’insonnia. Ma secondo alcuni studi il caffè potrebbe contenere in dosi minime anche una ventina di sostanze cancerogene.

Al compositore Johann Sebastian Bach il caffè piaceva così tanto da dedicargli una cantata: il Kaffeekantate, eseguita a Lipsia, in Germania, tra il 1732 e il 1735. In Italia sono molti gli artisti che hanno dedicato dei versi alla bevanda nera.

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Esiste un’unica varietà di caffè decaffeinato in modo naturale, derivante dalla pianta Coffea charrieriana, il resto è riprodotto artificialmente attraverso passaggi chimici che non intacchino il sapore del caffè. In realtà, non è possibile eliminare del tutto la caffeina. 

L’uomo è legato al caffè, un rituale a cui è difficile rinunciare, entrato nei modi di dire e nella quotidianità, la caffeina è un’amica fedele. Come disse Georges Courteline, si cambia più facilmente religione che caffè.

Il caffè si racconta: storia, usi e tradizioni

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