Il viaggio sensoriale nel moderno Bar à Huitres

Un aperitivo è di regola un momento in cui ci si rilassa e si dimenticano le preoccupazioni derivanti dal lavoro, abbandonandosi alla spensieratezza per recuperare l’energia e affrontare nuovamente l’indomani i nostri impegni.

È importante essere condotti con apparente semplicità nel viaggio sensoriale e territoriale che un ottimo Bar à Huitres sa offrire. Infatti le ostriche, oltre a provenire da merroir diversi, dal sud al nord dell’Europa, hanno anche consistenze della carne diverse che ci regalano un percorso in crescendo di ampiezze e persistenze.

L’apertura di un percorso, come si farebbe anche nel mondo del vino, è con l’ostrica e la sua freschezza: viene chiamata Fine e ha un primario di mare importante, quindi un secondario di vegetale.

Ogni merroir regala la sua impronta vegetale, dal sottobosco del Mediterraneo alla buccia di anguria nell’Irlanda. La vegetalità raggiunge una buona persistenza se prodotta con gli ingredienti passione e tempo dall’oyster maker di aziende prestigiose.

Alla masticazione, fondamentale per apprezzare le evoluzioni e le ampiezze delle ostriche, i denti devono ‘cercare’ il mollusco per romperlo. A seguire, la progressione nel nostro percorso sensoriale, c’è l’ostrica Special: l’eleganza. I denti affondano con decisione nelle più abbondanti e strutturate carni. Al primario del mare, dopo la masticazione, seguono note vegetali ben definite e persistenti. A chiudere l’evoluzione il terziario di nocciola dolce e ampio.

Alcuni rari, unici e vocati siti riescono per quasi dodici mesi all’anno a regalarci ostriche con indice di carnosità e della struttura unici, tanto che, se fossero vini, le definiremmo Grand Cru, e così osiamo fare.

Se gustate a trenta minuti dall’apertura, a temperatura non eccessivamente fredda, scolando bene l’acqua di vegetazione, che è fondamentalmente un sapore primario, quest’ostrica ci prende per mano e ci fa scoprire frontiere inesplorate. Il terziario è prepotentemente ampio nella dolcezza e nelle note di nocciola: infatti, quando la texture del grasso diventa importantissima, ha la molecola affine a quella della nocciola e il nostro database cerebrale associa al piacere lo stimolo ricevuto.

Quest’ultima eccellenza è stata per decenni prerogativa soltanto delle filiere dell’ostricoltura atlantica, ma da pochissimi anni, grazie a innovativi metodi di produzione, l’eccellenza dell’ostricoltura inizia a parlare anche la lingua italiana. Ad esempio, la sacca di Scardovari rappresenta un impianto di competizione, se non di superamento, delle più vocate filiere del nord.

www.oysteroasis.it

Corrado Tenace

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