I Merroir dell’ostricoltura

Quello che per i vitigni è il terroir, per le ostriche prende il suggestivo nome di Merroir, così chiamato da mer, ovvero mare in francese: ogni ostrica è infatti colpita dal corpo idrico da cui proviene, dalle alghe di cui si nutre, dalla forza delle correnti e dalle maree, oltre che dal contenuto minerale del fondo marino, dalla pioggia, dalla temperatura, dalle stagioni e da tanti altri fattori ancora.

I Merroir sono nati da un’imprescindibile situazione politica e economica: nella metà del XIX secolo, infatti, Napoleone III ritenne doveroso l’adeguamento dell’industria francese a quella del Regno Unito e di altri stati sul Baltico. Questi avevano già provveduto a trasformare la produzione da manufatturiera a industriale con l’ausilio di macchinari in ghisa, invece che in legno, azionati da motori a vapore prodotto da combustibile fossile. Inoltre, per agevolare il trasporto dei prodotti industriali e agricoli da e verso la Francia, incrementò la rete ferroviaria da 3.500 km a oltre 20.000 km. Attuò poi anche alcuni provvedimenti per migliorare le condizioni lavorative e di vita delle classi operaie.

Inevitabile si presentò dunque la necessità della gestione dei prodotti della terra e del mare e fu individuata nel biologo Victor Coste la figura per risolvere il problema del calo produttivo nei banchi naturali di ostriche in Francia, passando dallo sfruttamento indiscriminato alla gestione controllata della produzione. Victor Coste si recò infatti di persona sul lago di Fusaro (vicino a quello di Lucrino che tanta fama e denaro diede a Sergius Orata nel I secolo DC), dove la secolare usanza di allevare ostriche non era andata perduta e capì che doveva intervenire fin dalla gestione delle giovani larve per bilanciare in Francia l’offerta di ostriche alla richiesta.

Percorse le coste francesi dal Mediterraneo alla Normandia cercando le aree più vocate e catalogò ogni tipo di merroir. Fu facile, grazie alla crisi del mercato del sale per i forti dazi applicati, convertire le aree vocate all’ostricoltura rilasciando concessioni demaniali, ma soprattutto stabilire un know how per la gestione dei banchi, dalla raccolta delle giovani larve alla commercializzazione.

Un ottimo Bar à Huitres è tale quando è la cartina tornasole degli studi geografici e attitudinali dei merroir compiuti da Victor Coste.

Le regioni ostricole e comuni vocati sono: Linguadoca sul Mediterraneo, Etang de Thau, stagno di San Biagio, stagno di San San Guido, Bassa Nuova Aquitania, per la precisione Arcachon, mentre in Alta Nuova Aquitania, ex Poitou Charente, i territori più vocati sono Noirmoutier e Marennes-Oléro; in Bretagna del Sud Belon, Quiberon e Morbian; in Bretagna del Nord Rade de Brest, Nacre de Aber, la Rivier de Treguer e Cancale; in Normandia Granville-Portbail, St Vaast la Hougue, Utah-Isigny sur Mer e Corseulle.

Nuove realtà si stanno meritatamente affacciando nella vetrina dell’eccellenza ostricola europea: consolidate da pochi decenni sono, ad esempio, la Bannow Bay e la Donegal Bay in Irlanda, la Sacca di Scardovari e il Lago di Varano in Italia.

Una realtà ostricola è qualitativamente importante quando nei 12 mesi dell’anno riesce sempre ad avere standard affidabili e, a sua volta, un’ostrica ha standard affidabili quando è generosa nella carnosità e ben compatta nella sua generosità: consistente alla masticazione e non scivolosa.

Il sapore primario di un’ostrica è sua la nota iodata, donata dal mare, mentre il secondario, più ampio e persistente, è la vegetalità: su questa ogni merroir mette il suo bollino di tipicità, dal sottobosco delle ostriche del Mediterraneo alla buccia di anguria in quelle della Bannow Bay. Un ottimo Bar a Huitres è tale quando ci abbraccia in questo percorso territoriale e sensoriale.

Corrado Tenace

www.oysteroasis.it

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