Nutrimento d’autore da indossare

Abiti e cibi si nutrono di moda, fanno la moda, rappresentano anche la moda, tanto che al giorno d’oggi è in voga mischiare cibi e abiti, mettere in scena il cibo come si fa con gli abiti che sfilano in passerella, puntare sul lusso spolverando d’oro vestiti o primi piatti ma anche trarre ispirazione dai sobri abiti contadini di mezzo secolo fa o proporre la frugalità saporita di un fragrante panino colmo di insaccati saporiti. Sono mode che alludono a periodi, vicende e valori che, per fortuna, sono esistiti ed esistono fuori dalle mode che li cannibalizzano nel senso che li inghiottono, consumano, rielaborano.

Giuseppe Arcimboldo (1526-1593) e le sue immaginifiche proposte di volti e di abiti dipinti, furono le avanguardie del tempo per quanto riguarda le associazioni fra immagine e cibo. Sta di fatto che proprio all’Arcimboldo è ispirata l’immagine scattata nell’aprile 2012 da Richard Burbridge per il T magazine del New York Times di una modella che indossa un abito di Dolce & Gabbana con vistose melanzane stampate: uno dei tanti capi della collezione primavera-estate 2012 in cui i due noti stilisti avevano fatto spiccare ortaggi di tutti i tipi su camicie ed abiti.

lady-gagaL’ incontro fra cibo e moda è ormai e dir poco esplosivo: dai magici abiti di zucchero, ai vestiti ed accessori di cioccolata, alla pasta usata per gonne e corpetti. Sempre più spesso sulle passerelle della moda sfilano “abiti commestibili” realizzati con gli ingredienti più disparati. Ad inaugurare la bizzarra tendenza sembra essere stata Lady Gaga, che lasciò tutti a bocca aperta con il suo indimenticabile e contestatissimo vestito di bistecche, indossato per la serata degli MTV Video nel 2010.

Il fotografo Ted Sabarese ha proposto completi maschili e femminili di pasta, galette, frutta e verdura (Hunger Pains Pics).

La designer inglese Emily Crane realizza bracciali, collane e altri accessori fatti di melanzane, carciofi o lamponi.

La creativa canadese Nicole Dextras ha ideato una serie di vestiti costituiti al 100% da piante e frutta.

La coreana Sung Yeonju ha invece creato una collezione di abiti, la Wearable Foods (trad. Mangiare Impossibile), impiegando pomodori, banane, funghi, cipolle, gamberetti.

Il pluristellato Roland Trettl, chef del Sud Tirolo, propone modelli di abiti commestibili da esporre nei musei.

E in Italia i nostri creativi non sono  da meno! Ad esempio il rinomato maestro pasticcere Roberto Rinaldini realizza abiti di zucchero che ricordano le fiabe.


E poi c’è il fotografo Fulvio Bonavia che ha proposto i suoi abiti di Alexander McQueen, Louis Vuitton, Prada e Moncler creati con lattuga, arance, sardine e noci.

Se per molto tempo il cibo è stato riprodotto (ricordate l’enorme aragosta sull’abito ideato negli anni Trenta da Elsa Schiaparelli ispirata da Dalì e dai surrealisti?), richiamato nella forma, ricamato, applicato in esemplari in plastica o stoffa, ora è finito direttamente sugli abiti comunicando l’idea della consumabilità e della brevissima durata tanto del cibo come dell’abito.

Quella del cibo è ormai una moda che corre anche nel mondo virtuale: pensiamo agli #hastag, a quante foto di piatti vengono postati ogni giorno sui social o semplicemente a quanto siano di moda i programmi tv sulla cucina. In passato il cibo se legato alla moda, veniva associato solo alla salute, oggi il cibo ha una nuova valenza, ed è fonte d’ispirazione per gli stilisti, così come lo sono da sempre fiori e frutta!

abito aragosta schiapparelliAbiti e accessori commestibili destinati a una vita fuggevole: fatti per essere ammirati con gli occhi e, teoricamente, goduti col palato. Si tratta di esiti di infinite sperimentazioni alle quali si possono ricondurre anche quelle risalenti al primo Novecento volte a ottenere tessuti dal latte.

La novità sta in abiti, scarpe o cappelli bizzarri, ingombranti e sostanzialmente importabili che sono stati calati più sui corpi più delle donne che degli uomini nei secoli scorsi trasformandoli in manichini da esposizione. Oggi piatti esibiti con sapienza estetica mettono in scena cibi accuratamente pensati per stupire con inediti accostamenti e lavorazioni ma, in qualche caso, anche per recuperare gusti del passato (ben difficili da riprodurre realmente) e residui di tradizioni ormai perdute.

Jeremy Scott Scott, il nuovo direttore artistico della Maison Moschino, ama riprendere icone della cultura popolare e dargli un nuovo significato: così ha fatto con la M di Mc Donald, trasformandola in M di Moschino. In occasione della sfilata autunno/inverno 2014-15, le modelle erano vestite come impiegate del fast food (foto in basso a sinistra) coi colori distintivi giallo/rosso e sfilavano sulla passerella portando in mano un vassoio con gli accessori più cool della stagione, come ad esempio la borsa a forma di Happy Meal (fonte : http://www.melarossa.it/)
Jeremy Scott Scott, il nuovo direttore artistico della Maison Moschino, ama riprendere icone della cultura popolare e dargli un nuovo significato: così ha fatto con la M di Mc Donald, trasformandola in M di Moschino. In occasione della sfilata autunno/inverno 2014-15, le modelle erano vestite come impiegate del fast food (foto in basso a sinistra) coi colori distintivi giallo/rosso e sfilavano sulla passerella portando in mano un vassoio con gli accessori più cool della stagione, come ad esempio la borsa a forma di Happy Meal (fonte : http://www.melarossa.it/)

Mariangela Martellotta

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