Il piccolo Barolo del Monferrato: Ruché di Castagnole

Siamo nel Monferrato, nel sud del Piemonte, una delle aree vitivinicole più grandi della regione con i suoi 1.500 ettari vitati tra le province di Asti ed Alessandria. Su queste “rocche” troviamo non solo Barbera, ma anche Ruché di Castagnole Monferrato, un vino oggi tutelato dall’omonima DOCG, ma con una storia enologica piuttosto recente.

Ruché di Castagnole Monferrato Ferraris Vineyards

Infatti le uve di Ruché diversi anni or sono venivano impiegate soprattutto come uva da tavola oppure utilizzate nel taglio, per ingentilire i vini grazie al loro aroma delicato e fragrante, o ancora per produrre un vino dolce per il solo consumo familiare.

Oggi invece il Ruché ha il posto che merita tra i vini di qualità, risultando pura espressione di questi luoghi, dando vita a vini morbidissimi e di buona struttura, dotati di una trama olfattiva che evoca frutta piccolina a bacca rossa, ma anche sentori floreali come rosa e viola mammola che preludono al ricco assaggio.

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Sono i profumi del Monferrato che ci conquista con il suo paesaggio vitivinicolo unico al mondo, per cui è stato riconosciuto dall’UNESCO patrimonio mondiale dell’Umanità. Nel solco di questa filosofia si colloca la Cantina storica della famiglia Ferraris, oggi trasformata in museo, costruita nel XVII secolo nel centro storico di Castagnole Monferrato.

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Qui in cantina è piacevole ascoltare dal vigneron la storia del Ruché Vigna del Parroco, fiore all’occhiello della produzione di Ferraris, che rievoca nostalgicamente gli aneddoti su Giacomo Cauda, parroco di campagna di Castagnole Monferrato, classe 1927, il primo a credere nelle potenzialità di questo vitigno per la produzione di un vino varietale, secco, in purezza, nonché il primo a vinificarlo e venderlo in bottiglia: «Che Dio mi perdoni – raccontava nei suoi ultimi anni di vita – per aver a volte trascurato il mio ministero per dedicarmi anima e corpo alla vigna. Finivo la Messa, mi cambiavo in fretta e salivo sul trattore. Ma so che Dio mi ha perdonato perché con i soldi guadagnati dal vino ho creato l’oratorio e ristrutturato la canonica».

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Oggi, infatti, il Vigna del Parroco, soprannominato da alcuni “Il piccolo Barolo del Monferrato” è l’unico cru esistente riconosciuto dal Ministero, un patrimonio di cloni dal valore inestimabile, e produce un numero limitato di bottiglie.

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Nel solco della scoperta del Ruchè ad opera di Don Giacomo Cauda si colloca anche il destino della famiglia Cavallero, esponente di un’altra storica realtà vitivinicola lunghissima che ha dato vita, poi, alle Cantine Sant’Agata, così chiamate perché di fronte alla cantina una facoltosa famiglia, per grazia ricevuta, ha eretto un piccolo cippo votivo dedicato proprio a sant’Agata. Era la fine degli anni ’70, quando sulla scia del successo di Don Giacomo e del suo vino, la famiglia Cavallero scelse di estirpare un ettaro di Barbera per impiantare il vitigno reso celebre dal prete, che poi rappresenta il vitigno su cui l’azienda maggiormente basa il proprio successo e la propria fama.

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Per chiudere quest’ideale passeggiata nel mondo del Ruché di Castagnole Monferrato non si può non visitare le cantine Montalbera, da ben sei generazioni nel mondo vitivinicolo piemontese, con terreni che si estendono su 175 ettari tra il Monferrato e la Langa, con l’unica mission di valorizzare il territorio.

Il Ruché, dai profumi espressamente particolari, è un vitigno che ha trovato in questi luoghi la massima espressione di quel terroir e di quel legame indissolubile e sinergico tra vitigno e intervento dell’uomo.

Carlotta Pirro

Il piccolo Barolo del Monferrato: Ruché di Castagnole

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