Oggi progettare posate s’inscrive in una sequenza formale inaugurata dalle Arts & Crafts, circoscritta ed esteticamente consolidata dalla Bauhaus…
…e, come accadde per altri articoli come stoviglie, penne stilografiche, bicchieri, bottiglie per il vino, cappelli maschili, la quota residui di intervento progettuale possibile si configura come re-design.
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Di fronte all’elenco delle funzioni delle posate si è preferito – per scelte legate ai riti e ai miti della tavola imbandita tardo ottocentesca, così bene raccontati dalla migliore letteratura, da Zweig a Proust, dalla Serao a d’Annunzio – optare per un sistema discreto di arnesi specializzati che va dal cucchiaio da zuppa a quello da pietanza, dal coltello-e-forchetta per pesce o dessert, formaggio o da frutta. A completamento del servizio sono poi previste le posate da portata, i coltelli per l’arrosto o per il pane, le palette da dolce, i mestoli da brodo o da salsa etc… Elemento unificante per tutti i componenti del servizio è la forma: difatti tutti i pezzi esibiscono la stessa cifra stilistico-formale, lo stesso motivo ornamentale del manico, stessa finitura superficiale, stesso materiale. A turbare la placida accettazione di questa tradizione sembra esserci solo l’annosa questione del numero dei rebbi nella forchetta.Devono essere tre com’è fatto comune negli Stati Uniti poiché ciò è indispensabile per poter arrotolare gl ispaghetti – pietanza per altro ormai internazionalizzata dall’omogeneizzazione dei gusti – o addirittura cinque, come vogliono Scarpa e Portoghesi, con una certa ridondanza barocca?

Se la risposta a questo quesito sembra stare nel mezzo, altre domande si pongono quando entrano in questione esigenze che da secondarie sono diventate negli ultimi decenni essenziali nel nostro rapporto con il cibo. Come fare quando centinaia o migliaia di persone devono mangiare in poco tempo nello stesso luogo, salvaguardando le necessità del decoro e dell’igiene con quelle dell’economia? Ecco nascere negli Anni ’50 le posate in materiale plastico, da gettare dopo l’uso, ridotte tipologicamente all’essenziale e che ci hanno perseguitato per tanti anni nelle cene in piedi e nelle tavole. In questo settore, uno degli esempi di progettazione è il servizio disegnato da Joe Colombo nel 1970: studiate e assemblate, hanno espressività nella forma ripiegata.
Se la misura della posata – salvo rare occasioni e circostanze – è da tempo determinata e il sistema siavvale di modelli radicati nell’uso borghese contemporaneo non facilmente modificabili, in quanto ad esso è correlato il valore e non solo il materiale, del servizio di posate, allora l’unico parametro rispetto al quale oggi il designer ha possibilità operative è quello della forma: la modificazione di questo parametro può comportare anche l’aggiornamento degli altri due, misura e sistema. Infatti, alcuni progetti contemporanei, attraverso il surplus estetico di cui hanno dotato gli oggetti, hanno ottenuto due cose: da una parte una semplificazione del servizio tradizionale, la cui ridondanza è stata, per così dire, soppiantata dal plusvalore artistico-formale affidato alle moderne posate; dall’altra, una modificazione morfologica generata da un’indagine, raffinata se non eccessivamente sofisticata, sul versante funzionalista.
Mariangela Martellotta
