Posate: la forma segue la funzione.

L’attenzione per l’ergonomia delle posate e i riflessi sugli altri utensili manuali da cucina

Nella società del benessere il cibo è misto e internazionale, le pietanze personalizzate (vedi la nouvelle cuisine cui manca come ornamento soltanto la musica e dunque come senso l’udito) o massificate (i precotti, i take-away, il fast-food), persino le diete e il naturale sono un’opportunità di diversificazione.

In questa molteplicità di modi, di come e di cosa nutrirci, di perdite e di “rispolveri“ della tradizione, di nuove acquisizioni, risulta che non ci nutriamo di solo cibo, ma anche di una cultura che si traduce in nutrimento.

Si deduce che le posate a tavola potranno non essere necessarie (in gran parte del mondo si mangia con le mani), ma saranno utili, e che di là dalla funzionalità rappresentano il senso misterioso e rituale della tavola.

Molti architetti pionieri del design e progettisti si sono espressi su questo tema.

È l’istanza ergonomica, oltre alla ricerca di una linea organica di comunione tra posata e mano, ad aver generato progetti innovativi come una serie ideata da Russel Wright intorno al 1940 per conto dell’americana Cutlers Corporation, col coltello della serie “Kurve” edita da Rosenthal su disegno di Tapio Wirkkala negli Anni Sessanta, i set progettati da alcuni designers italiani (fra cui i fratelli Castiglioni, Scarpa, Zanuso, Mango, Mangiarotti e Morassutti) per un concorso bandito dalla fabbrica americana Reed&Barton nel 1959 etc…

La progettazione delle posate è regolata, innanzi tutto, dal principio prossemico della distanza-funzione e dalla dicotomia ottico/tattile: sia per il duplice contatto, mani-bocca, sia perché l’oggetto va guardato, controllato, prescelto, diretto. Ma anche il binomio discrezione/continuità interviene continuamente: sia che si tratti di un servizio coordinato, costituente un insieme discreto, sia che ci si trovi al cospetto di utensili multiuso come la forchetta-cucchiaio-coltello da campeggio, che è pertanto un oggetto compatto, o di un set individuale di posate, impilabili una sull’altra, o riponibili una nell’altra, sino a raggiungere una configurazione continua.

Alla base di una concezione errata dell’ergonomia, ormai forse superata ma che ha improntato buona parte

Tapio Wirkkala (architetto e designer finlandese) : set di posate degli anni ‘60

del design scandinavo e dei suoi epigoni italiani negli Anni ’50-’60, sta l’equivoco fondamentale di confondere una funzione biologicamente essenziale con atti e strumenti impiegati nell’espletamento di tale funzione.

Questa attenzione per l’antropomorfismo, per l’anatomia e per l’ergonomia interessa molti altri utensili da cucina, per i quali la funzione pratica è più importante di quella estetica e simbolica. Coltelli, asce, mezzelune, schiumarole, palette, funzionano in maniera analoga agli attrezzi per lavori manuali e pertanto l’attenzione progettuale è rivolta soprattutto all’impugnatura.

Cucchiaio angolato per mancini [fonte immagine: http://www.sanort.com/ ]
Altrettanto accade per il progetto di posate per bambini, dove l’attenzione va ai materiali, le parti appuntite, gli orli taglienti; queste posate, peraltro, sono sì dirette alla bocca dei bambini, ma spesso guidate dalla mano di un adulto. Attenzioni analoghe richiedono le posate per i disabili, da dotare di facilitazioni che sono estese, con le stesse procedure progettuali, ad oggetti come comandi vari, rubinetti, maniglie, consentendo ai portatori di handicap di compiere gesti e di svolgere attività altrimenti per loro precluse.

La spontaneità del gesto che lo strumento dovrebbe assecondare, ha prodotto gli oggetti formalmente più artificiosi.

La naturalità che le posate di Tapio Wirkkala o di Arne Jacobsen suggeriscono è semmai una naturalità di ritorno, quella di una cultura così raffinata, da essere nauseata della propria ricchezza di tradizioni.

D’altronde è anche vero che, come accade spesso in quei settori del design dove i confini con la pratica artistica sono più labili, il prodotto finale si carichi di suggestioni formali ed iconografiche che vanno al di là delle dichiarazioni di metodo dei loro autori.

 

Mariangela Martellotta

Arne Jacobsen : kit di posate con forchette a tre rebbi

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