Le osterie del tempo perso

Le osterie italiane, in particolare quelle romane, hanno sempre goduto di una vasta, e a volte autorevolissima, pubblicistica. Basti pensare al volume di Hans Barth, “Osteria”, pubblicato nel 1909 con una prefazione di Gabriele D’Annunzio. Nel suo raffinatissimo testo, il Vate si soffermava, con evidente divertimento, sul “Bettolino degli Svizzeri”, situato nei pressi del Vaticano.

Scriveva D’Annunzio: “Con che grassa pennellata fiamminga voi dipingete la bettola degli Svizzeri sotto la Torre Borgia! Ben la conosco. Quando la mia vita non era ancora quello specchio di probità e di continenza, ove oggi il mondo si rimira, io usavo condurre qualche giovine amica nel grottino borgiano per compirvi qualche dolce avvelenamento.”

osteria carducci d'annunzio

Oltre al libro di Barth, è doveroso ricordare il celebre scatto che il Conte Primoli dedicò, nel 1895, all’Osteria del Tempo Perso, sulla via Ardeatina, in Roma. Uno straordinario ritratto della Roma popolare, e periferica, di quegli anni. Le osterie romane avevano, e hanno, nomi spesso pittoreschi, ma quasi sempre strettamente descrittivi: Pastarellaro, La Matriciana, La Carbonara, Osteria della Campana, Al Moro, Scarpone, Sora Assunta, Sora Lella. Osteria del Tempo Perso, invece, è un nome poetico e al contempo rivelatore della natura del frequentatore abituale delle osterie: indolente, refrattario al lavoro, e con una spiccata tendenza a dissipare, appunto, il tempo. Come, del resto, aveva notato Stendhal nelle sue “Passeggiate romane” del 1829: «…un lavoro è una cosa talmente contro natura per un vero romano…».

roma - Osteria del Tempo Perso (1892)

Dalla notazione dell’autore de “La Certosa di Parma”, il pensiero corre alla leggendaria refrattarietà al lavoro di Accattone, il protagonista dell’omonimo, e celebre, film che Pier Paolo Pasolini realizzò nel 1960. Primo, formidabile ritratto cinematografico delle borgate romane, il film del grande poeta friulano raccontava le indolenti giornate che il protagonista, di professione “pappone”, trascorreva tra una sosta in osteria, o al bar, e improvvisati tentativi di “svoltare la giornata” in compagnia dei suoi amici, tutti segnati dal medesimo destino.

Tornando all’osteria immortalata dal Conte Primoli, è proprio in quegli anni, a cavallo tra fine ‘800 e inizio ‘900, che le osterie romane cominciarono a cambiare natura. Da tradizionali luoghi di ristoro e intrattenimento per comuni avventori, si trasformarono in veri e propri punti di ritrovo di artisti, poeti, scrittori. Si pensi al Sor Antonio, in via Vittoria, frequentato dal grande pittore futurista Umberto Boccioni; o al Pastarellaro, in piazza San Crisogono, a Trastevere, dove amava sostare il poeta Trilussa. In breve tempo, le osterie, a Roma, sostituirono i caffè letterari. Ma la vera esplosione delle osterie culturali avvenne subito dopo la fine della seconda guerra mondiale. In particolare, sono da ricordare l’osteria dei fratelli Menghi, in via Flaminia, la fiaschetteria Beltramme e l’osteria di Otello alla Concordia, entrambe in via della Croce.

osterie Alberto-Moravia-Pier-Paolo-Pasolini-and-Laura-Betti-Fiaschetteria-Beltramme

Dai fratelli Menghi si ritrovavano abitualmente importanti pittori: Mario Mafai, Giovanni Omiccioli, Giulio Turcato, Leoncillo, Antonio Corpora, Marino Mazzacurati, Pietro Cascella, Pietro Consagra, Carla Accardi. Artisti che hanno segnato la storia dell’arte italiana del secondo ‘900. Ma era anche frequentata da Roberto Rossellini, Anna Magnani e Federico Fellini. Grazie alla disponibilità dei fratelli Manghi ad accogliere anche gli artisti più poveri e fare loro credito, il regista Gigi Magni non esitò a definirli come dei “mecenati”. All’osteria di via Flaminia, lo scrittore e sceneggiatore Ugo Pirro – autore delle sceneggiature di alcuni importanti film di Elio Petri, quali Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto e La classe operaia va in paradiso – ha dedicato nel 1994 un libro, “Osteria dei Pittori”, assolutamente da leggere.

Della fiaschetteria Beltramme erano assidui frequentatori soprattutto scrittori, Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini, Mario Soldati, Ennio Flaiano, Italo Calvino. Ma vi si recavano di tanto in tanto anche grandi artisti, Giorgio De Chirico, Renato Guttuso, Alberto Burri. Si racconta che proprio nel locale di Cesaretto Beltramme, Federico Fellini ed Ennio Flaiano idearono La dolce vita e Otto e mezzo. Su un tovagliolo di carta della fiaschetteria, Flaiano scrisse: «Tra una coscia di pollo e la cicoria, da Cesaretto aspetto la gloria».

osterie tavolata-fellini

Otello alla Concordia – a cui il regista Francesco Ranieri Martinotti ha dedicato nel 2012 un film-documentario, “Il segreto di Otello”- era il punto di ritrovo, quasi esclusivamente, di registi, sceneggiatori, attori della Commedia all’Italiana: Mario Monicelli, Ettore Scola, Luigi Magni, Furio Scarpelli, Age, Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni.

Pur avendole frequentate tutte e tre, è delle serate trascorse da Otello, nei primi anni ’90, che ho i ricordi più vividi: i tavoli sociali (ci sedeva dove si trovava posto),  la formidabile verve polemica di Furio Scarpelli, i silenzi sornioni di Ettore Scola, gli arrivi discreti di Vittorio Gassman, le partite a carte fino a tarda notte.

Oggi, l’osteria dei fratelli Menghi non c’è più. Al suo posto troviamo il Caffè dei pittori, frequentato abitualmente dagli studenti della vicina facoltà di architettura. La fiaschetteria Beltramme e Otello alla Concordia sono ancora lì, in via della Croce. Per quanto cambiate, e frequentate prevalentemente da turisti, forse, con un po’ di fantasia, si può ascoltare l’eco di quelle serate.

Daniele Costantini

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